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Vittorio Feltri, la minigonna? "Tutto merito di Oriana Fallaci"

Vittorio Feltri
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All’età di 93 anni è morta Mary Quant, colei che a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, nella conservatrice Inghilterra, inventò la minigonna, segnando una rivoluzione non soltanto nell’ambito della moda ma anche in quello del costume. La sottana divenne subito simbolo della emancipazione femminile e si diffuse rapidamente in tutto il mondo. Amata dalle donne, però pure dagli uomini, i quali ancora ci risparmiavano dall’orrore di indossarla a loro volta, limitandosi ad apprezzarla vestita dal gentil sesso. La gradiscono forse tutti i maschi, meno che il sottoscritto, lo ammetto. Trovo più eleganti le gonne al ginocchio o poco sopra il ginocchio. Meno si vede, infatti, e più si è costretti a immaginare. 

 

 

 

È vero che l’occhio vuole la sua parte, tuttavia questa parte non deve essere mai troppo ampia. In ogni caso, la dipartita della mamma della microgonna nella mia mente ha portato a galla un ricordo, ossia l’incontro che la mia amica Oriana Fallaci ebbe, per volontà dell’editore de L’Europeo, a New York, nell’estate del 1966, proprio con Mary Quant, allora trentatreenne, incontro da cui nacque una interessante e vivace intervista, di quelle infinite che faceva Oriana, consegnandoti la radiografia dell’anima dell’intervistato. Fallaci rimproverava a Mary di avere costretto le signore ad accorciare di un centimetro i propri vestiti di mese in mese e che, di quel passo, a Natale si sarebbero ritrovate in mutande, cosa poco decente, addirittura “preoccupante”.

In quell’occasione Quant ebbe la facoltà di spiegare che per lei la minigonna doveva essere indossata in un certo modo per non essere un capo peccaminoso bensì persino innocente. Innanzitutto, andava portata con le scarpe basse e non di sicuro con i tacchi a spillo, inoltre con i collant e non con le calze tenute su con le giarrettiere. Quant fissò un’altra regola fondamentale, oggi più che mai trascurata: se scopri le gambe devi coprire tutto il resto, quindi andrebbero abolite le scollature abissali sul davanzale, ad esempio. Insomma, Mary Quant inventò la minigonna ma non di certo la volgarità dilagante che vediamo in giro. Già da quel colloquio emerge la consapevolezza piena di Quant che dalla minigonna non si sarebbe mai più tornati indietro. Essa, tra alti e bassi, sarebbe durata. E viene a galla altresì il carattere deciso di Mary, il suo spirito incontenibilmente ribelle, l’audacia, virtù propria di coloro che sono destinati a lasciare il segno nella storia e la moda non è affatto qualcosa di marginale: essa ci racconta una maniera di vivere, una mentalità, gli usi, le paure, i pregiudizi, i divieti e i tabù di una determinata società in una determinata epoca.

 

 

 

«Detesto le donne che portano le cosine semplici, le cosine ben tagliate, le cosine dai colori educati, le cosine che non passano mai di moda e sono così femminili. Sono le donne che vanno a comprarsi qualcosa di nuovo e tornano con l’abito classico, le donne senza coraggio. Sono le donne che vorrebbero portare le calze nere e gli stivali bianchi ma non li portano e si decidono solo quando li portano tutti. Sono le donne che non cambiano mai la pettinatura, che posseggono solo gioielli veri e antichi, che cercano un marito come soluzione di vita», dichiara ad Oriana Mary Quant, la quale si definiva «libera e senza trucchi» e riteneva inelegante soltanto l’assenza di spontaneità. Alla fine, credo che Mary Quant abbia invitato le fanciulle di ogni età a scoprire in particolare il cervello. 

 

 

 

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