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Alessandra Mussolini censurata per il cognome da Instagram? Poi la telefonata...

Daniele Dell'Orco
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Per combattere qualche presunto rigurgito dittatoriale, l’algoritmo di Meta, azienda che ha in portfolio grandi social network come Facebook e Instagram, si affida alla sua, di dittatura: quella della grammatica. È ciò che si evince dal tragicomico caso sollevato nelle scorse ore da Alessandra Mussolini, europarlamentare di Forza Italia. 

Il siparietto è iniziato ieri mattina, quando la Mussolini dal suo ufficio di Strasburgo ha battuto letteralmente i pugni sulla scrivania per via del divieto di accedere al proprio profilo Instagram a causa del suo cognome. L’azienda di Mark Zuckerberg addebiterebbe in sostanza alla nipote del Duce la “colpa” di chiamarsi Mussolini, un “fardello” che invece, per ovvie ragioni, sfiora solamente i discendenti delle figlie femmine dell’uomo di Predappio, Edda e Annamaria: «Ho dovuto fare una foto, per far vedere un codice e la faccia mia, lo hanno visto e hanno mandato uno screenshot, dicendo che non lo accettano per la policy della community. Io allora ho messo “Alessandra Gramsci” e “Alessandra Berlinguer” e così me lo prendono. Alessandra Mussolini no, ma io non mi cambio il cognome per Instagram. Questo è un pregiudizio che diventa violenza».

La stucchevole vicenda ricorda molto quella che toccò a suo cugino di secondo grado Caio Mussolini, che si candidò proprio nella stessa tornata delle elezioni europee (ma con Fratelli d’Italia) e che ebbe gli stessi problemi al momento dell’apertura di una pagina pubblica su Facebook. Nella sua protesta fu ben più tranciante e provò ad autenticarsi come “Caio Pol Pot” o “Caio Stalin”, e di fronte ai cognomi dei due sanguinari dittatori comunisti gli efori degli “standard della community” di Facebook rimasero a cuccia.

 

 

ISTANZE IDEOLOGICHE - Tra l’altro, per paradosso, la Mussolini si ritrova a dover fare i conti con queste beghe proprio nel momento in cui il suo background politico non è mai stato più vicino a quello di Meta e delle grandi aziende hi-tech americane, così impegnate a salvaguardare e tutelare i diritti civili e le istanze ideologiche ultraprogressiste. L’ex onorevole missina prima e alleanzina poi, negli ultimi anni è diventata una sorta di icona Lgbt per via del sostegno manifestato nell’estate del 2021 al Ddl Zan, alle adozioni gay e ai Pride. Anziché col fez, si fa ritrarre con le piume arcobaleno. Anziché per il sabato fascista, si batte per il diritto di ottenere il badge a Bruxelles senza dover specificare il proprio genere. Eppure, siccome fa Mussolini di cognome, i social la considerano una pericolosa nostalgica del Ventennio.

Nel corso della giornata, lo scontro a distanza ha iniziato ad assumere dei contorni misteriosi. La Mussolini, in realtà, un profilo Instagram persino autenticato con la “spunta blu” lo possedeva già, ma risalente alla sua fase sabbatica dalla politica (nella bio si definisce «pittrice per vocazione, cuoca per passione»). Evidentemente avrà sentito la necessità di crearne uno ad hoc per l’attività parlamentare, dimenticando, lei o chi per lei, che tipo di stratagemma avesse dovuto escogitare all’epoca per essere considerata “standardizzata” dal democraticissimo algoritmo di Meta: l’uso del trattino.

 

 

Sì, perché sulla piattaforma di profili Mussolini (suo compreso), e alcuni persino nostalgici, ce ne sono vari, accettati semplicemente perché hanno inserito un carattere ortografico nel nome. Anche nel suo nuovo avatar, ottenuto nel pomeriggio, è presente il trucchetto ortografico, sebbene la Mussolini nel terzo episodio video di questa appassionante miniserie tv abbia sostenuto di aver ricevuto delle scuse da Meta per il disservizio, che ha parlato di «fraintendimento».

LIMITAZIONE DI LIBERTÀ - Riottenuto il maltolto, l’eurodeputata ha deposto l’ascia di guerra e con ogni probabilità ha rinunciato all’intenzione di scrivere direttamente al presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, e di inoltrare un’interrogazione prioritaria con richiesta di risposta scritta alla Commissione europea per chiedere in proposito quali misure l’esecutivo Ue abbia adottato «per monitorare e affrontare limitazioni e violazioni della libertà fondamentali sulle piattaforme online», quali iniziative intenda intraprendere «per garantire che le piattaforme di social media rispettino i diritti fondamentali degli utenti, inclusa la libertà di espressione» e, infine, quali azioni la Commissione stia mettendo in campo «per promuovere la trasparenza e la responsabilità delle piattaforme di social media nei confronti degli utenti». Tutte istanze sacrosante. Tutte crociate che andrebbero combattute e vinte lo stesso, a prescindere dal “lieto fine” di questa singola antipatica vicenda.

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