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Luigi Di Maio, visti falsi ai migranti: l'ex ministro nei guai

Fabio Rubini
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Nell’inchiesta sui visti d’ingresso dai Paesi asiatici pubblicata da Libero spunta il primo nome eccellente. È quello dell’ex ministro degli esteri dei governi Conte II e Draghi, Luigi Di Maio. A tirarlo in ballo è l’onorevole di Fratelli d’Italia Andrea Di Giuseppe lo stesso che con le sue denunce ha fatto partire le indagini della Guardia di Finanza - che ieri per tramite del suo avvocato, Antonio Galletti, ha depositato presso la procura della Repubblica di Roma un esposto penale nei confronti dell’ex esponente M5S, affinché «siano fatti tutti gli accertamenti possibili - scrive l’esponente di Fdi in una nota - riguardo la questione dei visti rubati in Pakistan (di cui si era occupato anche il Giornale, ndr). È fondamentale che vengano svolti i necessari controlli per verificare riscontri di rilevanza penale». Di Giuseppe poi fa riferimento diretto alla nostra inchiesta quando ricorda che «in seguito alle mie denunce sul racket dei visti, tanta gente ha trovato il coraggio di denunciare e mi stanno arrivando numerose segnalazioni su potenziali reati riguardo la questione dei passaporti».

 


 

LE CARTE Di Maio, che attualmente riveste il ruolo di Rappresentante speciale per l’Ue nel Golfo, viene tirato in ballo per due motivi. Il primo, il più grave, riguarda l’accusa di aver mentito in Aula durante una risposta a un’interrogazione presentata da Francesco Lollobrigida, riguardante i mille adesivi per visti Schengen rubati all’ambasciata italiana di Islamabad, in Pakistan. La versione dell’ex ministro, secondo la ricostruzione fatta attraverso i documenti da Di Giuseppe, non combacerebbe con la realtà. In particolare all’ex ministro viene contestato il fatto di non aver detto che il primo allarme sulla vicenda sarebbe arrivato due mesi prima rispetto a quanto riportato da Di Maio. Il secondo riguarda invece il periodo in cui Giggino è stato in carica, che coincide con i numeri pubblicati da Libero che davano conto delle anomalie dei visti d’ingresso di alcuni Paesi (su tutti Bangladesh, Pakistan e Filippine) che durante gli anni del Covid invece che diminuire drasticamente come quelli delle altre nazioni, erano addirittura aumentati. La pubblicazione della nostra inchiesta, nei giorni scorsi ha smosso anche la granitica organizzazione della Farnesina. Tanto che l’attuale vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha ordinato ai suoi ispettori di organizzare con la massima urgenza una missione nei Paesi coinvolti per verificare i fatti.

 


GRAVITÀ Contro la parte più sindacalizzata del ministero degli Esteri va, invece, Andrea Di Giuseppe, che anche ieri a Libero ha voluto commentare la sua iniziativa. «Il comportamento di Di Maio è stato gravissimo e io voglio che i giudici indaghino e dicano se è così oppure no. Ma quello, credetemi, è solo la punta dell’iceberg. Qui stiamo parlando di un traffico di esseri umani che è nettamente più grande di quello che guardiamo in tv ogni sera coi disperati che arrivano nei porti. Qualcosa però si sta muovendo. Dopo la mia denuncia - prosegue il deputato di Fdi - molti consoli e ambasciatori mi hanno contattato per inondarmi di documenti e denunce su quello che accade all’estero. Ecco perché dico che questo è solo l’inizio. Fino a quando non si interverrà direttamente su un’organizzazione ampiamente sindacalizzata come la Farnesina non se ne uscirà. Come si fa?- chiude Di Giuseppe- Servono ispettori indipendenti che entrino al ministero col potere di fare pulizia. Dobbiamo renderci conto che questo non è solo un problema di burocrazia, ma anche se non soprattutto, di sicurezza nazionale». 

 

 

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