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Giorgia Meloni, Sallusti: "Quello di cui non ha paura"

Lucia Esposito
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«La versione di Giorgia» nasce per una di quelle alchimie senza formule, per una combinazione di parole che si incastrano come tessere di un puzzle al momento giusto nel posto giusto. È la settimana di Natale. Alessandro Sallusti va a trovare Giorgia Meloni per gli auguri e, un po’ per provocarla, un po’ per curiosità, o forse solo per fare una battuta, dice: «Peccato che un presidente del Consiglio in carica non possa pensare di scrivere un libro per raccontare i suoi progetti». Lei lo guarda e gli risponde: «Perché non può farlo?». Touché. Già, perché? Sallusti è spiazzato ma le fa notare che se nessuno prima di lei lo ha fatto, ci sarà un motivo. Ed è proprio in quel preciso istante che il libro, nella testa di Giorgia Meloni, è già stampato. «Dovresti sapere che fare quello che hanno fatto tutti gli altri non è la mia specialità», gli risponde. Ormai è deciso. Pronti, via.

Una ventina di incontri alla fine di estenuanti consigli dei ministri oppure al termine di viaggi diplomatici impegnativi, come quando non aveva ancora disfatto la borsa di ritorno dalla visita a Kiev e dall’incontro con il presidente ucraino Zelensky. Un susseguirsi di domande che scorrono veloci per la semplicità delle risposte del premier, per quella sua capacità di andare al cuore delle questioni e anche di guardare il suo di cuore, dando un nome a ciascuna delle emozioni che si agitano dentro di lei e di non vergognarsi delle sue fragilità. Il risultato è un libro che idealmente è il sequel dell’autobiografia Io sono Giorgia pubblicato nell’estate del 2021 e diventato un bestseller tradotto in Francia, Spagna e Grecia e, lo scorso settembre, sull’onda del successo elettorale, balzato di nuovo ai vertici della classifica. Lì, l’allora leader dell’opposizione raccontava la sua vita difficile di bambina cresciuta senza papà, volitiva e sognatrice. Era una leader pronta a decollare. In questa lunga intervista concessa a Sallusti c’è il premier con la narrazione del suo disegno politico e del suo più grande sogno (che, ovviamente, non sveliamo).

Direttore, tutti leggeranno La versione di Giorgia, in libreria da oggi per Rizzoli. Ma qual è la versione di Sallusti?
«La versione di Sallusti è che il premier mi ha sorpreso per due cose. È una donna che davvero non ha paura di perdere domani mattina quello che ha. Lei vuole realizzare il suo piano e non le interessa nient’altro».

Non è attaccata al potere?
«Ho avuto l’impressione che conosca molto bene le regole del potere per averle viste dall’opposizione sin da quando era ragazzina, tuttavia non le interessa il potere fine a se stesso».

La seconda cosa?
«In questo libro non ci sono colpi di scena. A distanza di un anno dalla campagna elettorale, Giorgia non si è spostata di un millimetro dalle sue posizioni».

Perché un lettore di sinistra o comunque un elettore che non ha votato il premier dovrebbe leggerlo?
«Perché finora giornali e televisioni, per pregiudizio o partigianeria, hanno raccontato una Giorgia Meloni che non è lei, dipinta o come una nuova Giovanna D’Arco o un’usurpatrice fascistoide».

Dov’è la verità?
«Né da una parte né dall’altra. In questo libro c’è Giorgia Meloni secondo Giorgia Meloni. Quella autentica, senza filtri».

Diranno che è un libro di parte visto che lo firma il neo-direttore de Il Giornale.
«Il titolo La versione di Giorgia lo ha scelto lei. Il lettore non troverà verità assolute e neanche la mia verità. Mi sono limitato a porre le domande che avrebbe fatto ogni cittadino. Non mi sono messo né dalla parte dei fans, né da quella degli avversari. Non è un saggio per addetti ai lavori, ma per chi abbia voglia di conoscere il vero presidente del Consiglio».

La guerra in Ucraina, la crisi energetica, le riforme costituzionali, la transizione ecologica fino all’inflazione passando per la famiglia e poi ancora il sogno di un’Europa più vicina ai cittadini: in duecentoquaranta pagine si srotola il pensiero di Giorgia Meloni, la sua versione certo, ma anche la sua visione del mondo e della vita.
«In tutti gli incontri Giorgia mi ha colpito per la sua normalità. L’ho vista giocare con la sua bambina come farebbe ogni mamma. Per me non era facile trovarmi di fronte al presidente del Consiglio, ma è stata lei a rompere il ghiacchio».

Quando ti ha chiesto di darle del tu?
«Sì, io esordisco con un “Senta, presidente”. E lei mi fa notare che non le piacciono le finzioni. “Ci diamo del tu nella vita, ci daremo del tu nel libro”».

Ma qualche difetto?
«Come racconta nel libro, lei riconosce di essere molto precisa, quasi maniacale. I suoi collaboratori dicono “Giorgia, non ti stiamo dietro” ma nella maggior parte dei casi sono loro che accelerano, non è lei che rallenta».

Aspettative di vendita? Silenzio. Poi la battuta:
«Le aspettative sono soprattutto della casa editrice...».

Che cosa ricorderai di queste chiacchierate?
«Mi mancheranno la sua ironia e la sua autoironia. Perché quegli incontri, oltre a essere interessanti per il lavoro, mi hanno fatto conoscere una donna molto simpatica. Ma credo che adesso lei abbia cose molto più importanti da fare che chiacchierare con me». 

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