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Adriano Galliani, la scelta nel nome di Berlusconi: "Completa la mia vita"

Hoara Borselli
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«Se c’è una cosa che Berlusconi mi ha insegnato è a non porre limiti alla volontà di fare meglio. Ho sempre lavorato per soddisfare i suoi desideri, che poi erano anche i miei. Lo farò anche questa volta» Chi parla è Adriano Galliani, 79 anni. Monzese. È candidato al Senato per le elezioni suppletive nella sua Monza. Bisogna scegliere il successore di Berlusconi a Palazzo Madama. Chi meglio di lui? Ha lavorato col cavaliere per mezzo secolo. Ed è stato per tanti anni l’amministratore delegato del Milan. Era il Milan degli invincibili: Baresi, Maldini, Van Basten....

Lei era senatore, poi un anno fa decise di lasciare la politica. Ora si candida a Monza. Come mai questo ripensamento?
«Un anno fa il Monza doveva giocare la sua prima stagione in serie A, dopo 110 anni di storia del nostro club. Era una pagina storica, che meritava tutto il mio impegno e la mia attenzione. Se mi fossi ricandidato al Senato sarei stato un cattivo parlamentare e un cattivo dirigente sportivo. Con Berlusconi avevamo realizzato il miracolo di portare il Monza dalla C alla A e non volevamo certo vanificarlo. Del resto ci siamo riusciti: lo scorso anno il Monza è stata la neo-promossa con il migliore piazzamento nei primi cinque campionati europei. Ora la squadra ha più esperienza e la società è meglio strutturata. Naturalmente continuerò ad occuparmene, ma ora penso di essere in grado di conciliare due grandi passioni, lo sport e l’impegno per la collettività. Del resto non potevo dire di no all’onore di rappresentare la mia terra, la terra in cui sono nato e ho vissuto, e all’onore di candidarmi nel collegio che è stato di Silvio Berlusconi, completando idealmente il percorso di una vita intera al suo fianco».

È vero che fino a pochi anni fa dava del lei a Berlusconi?
«Sì, per il profondo rispetto che ho sempre nutrito per lui. Ma devo dire che con me si è sempre comportato come un amico, non come un capo».

Il suo probabile avversario sarà Cappato. Lo stima? È pericoloso?
«Lo rispetto. È espressione di una cultura molto lontana dalla mia, che invece si fonda sui valori cristiani e sui principi liberali, che sono gli stessi della gente della Brianza».

Lei condivideva sempre le scelte politiche di Berlusconi?
«Berlusconi aveva l’abitudine di ascoltare con attenzione e con rispetto le opinioni diverse dalle sue. Quindi, nei rari casi nei quali non ero d’accordo con lui, non esitavo a parlargliene e ne discutevamo approfonditamente. E discutendo ogni divergenza di valutazione veniva superata».

Quando lei, al Milan, sbagliava qualche scelta sportiva, il Cavaliere si arrabbiava?
«Arrabbiarsi non è la parola giusta. Soffriva se il Milan giocava male, perché era un vero tifoso e soprattutto un innamorato del bel gioco. Ma aveva anche molto spirito sportivo: se un avversario giovava meglio di noi non aveva difficoltà a riconoscerlo e a manifestare, in pubblico e in privato, il suo apprezzamento».

Si arrabbiò quella sera del 20 marzo del ’91, al Vélodrome di Marsiglia, quando lei, a partita in corso ritirò la squadra?
«Mi sembra davvero eccessivo discutere ancora, dopo oltre trent’anni, di un episodio fin troppo enfatizzato. Fu un errore, del quale il Presidente non aveva nessuna responsabilità, e per il quale tuttavia – con la generosità di sempre – non diede la colpa a nessuno».

Giorgia Meloni è blindata? O se l’economia rallenta, rischia?
«Giorgia Meloni è il primo presidente del Consiglio scelto dagli italiani dopo Silvio Berlusconi. Questo le dà il diritto e il dovere di guidare il governo per cinque anni, e i partiti del centro-destra sono tutti impegnati a sostenerla fino alla fine. Il governo Meloni ha ereditato una situazione molto difficile: il Covid e poi la guerra in Ucraina hanno determinato un forte rallentamento nell’economia, una crescita poderosa del debito pubblico, un riaccendersi preoccupante dell’inflazione. Mi pare che il governo stia agendo con prudenza e con senso di responsabilità per realizzare, con le poche risorse disponibili, una legge di bilancio dalla parte delle imprese, delle famiglie, della crescita, della tutela dei più deboli».

È possibile un governo di larghe intese?
«Non ne vedo le ragioni, né le condizioni. Non ha neppure senso parlarne».

Forza Italia non sempre è allineata col premier e Salvini...
«Siamo uniti da trent’anni, nessuno ci dividerà, tantomeno oggi. Per Forza Italia, come per gli altri partiti della coalizione, appartenere al centro-destra è parte essenziale dell’identità di ciascuno. Ragionando con spirito costruttivo sui singoli problemi il centro-destra trova sempre soluzioni comuni».

Qual è la riforma politica più urgente da fare?
«È difficile dare una priorità. Ma posso dire che la condizione perché tutte le altre riforme siano possibili ed efficaci è la riforma delle regole costituzionali. L’elezione diretta del premier è un antico progetto del Presidente Berlusconi che oggi il governo Meloni si accinge a realizzare. Significa la possibilità per i cittadini di scegliere direttamente da chi vogliono essere governati, garantendo la stabilità, cioè la certezza che il premier scelto dagli italiani possa lavorare per cinque anni e non debba temere imboscate, ribaltoni e voltafaccia parlamentari».

Non crede che l’Italia avrebbe fatto meglio a tenersi fuori dal conflitto con la Russia?
«L’Italia non è in guerra con nessuno. Ma l’Italia è parte dell’Europa e dell’Occidente, e questo comporta degli obblighi verso paesi amici e alleati che condividono i nostri stessi valori e la nostra stessa idea di democrazia liberale. Naturalmente la tragica guerra in Ucraina deve finire il prima possibile, ma la libertà del popolo ucraino dev’essere assolutamente tutelata».

Lei è sempre milanista?
«Il Milan è stato una parte importantissima della mia vita e come è ovvio nel mio cuore ha un posto particolare. Ma io sono nato tifoso del Monza e sarò un tifoso del Monza per tutta la vita».

Baresi, Maldini, Van Basten, Gullit, Kakà: chi è stato il numero uno?
«Sarebbe come chiedere a un padre di scegliere il migliore fra i propri figli».

Il Monza va bene. Resterà Amministratore delegato?
«Assolutamente sì, con la passione di sempre!».

Senza Berlusconi la destra non rischia di restare senza anima?
«Silvio Berlusconi non è più fra noi fisicamente, e questo è un vuoto incolmabile. Ma la sua anima, il suo pensiero, i suoi valori, la sua grandezza politica e umana rimangono e rimarranno per sempre a disposizione del centro-destra. Quindi no, non vedo questo rischio».

Spopola sui social un video di un simpatico balletto che fa con Papu Gomez. Tanti dicono essere stata una mossa da campagna elettorale. Non possono più esistere momenti di sola leggerezza?
«Papu Gomez è un grande acquisto per il Monza. Credo che ogni tifoso abbia festeggiato, in qualche modo. L’ho fatto anch’io, ovviamente in modo scherzoso. Non vedo davvero perché la cosa debba entrare nella discussione sulla campagna elettorale».

Berlusconi disse: «Voglio lo scudetto del Monza poi la Champions»... Esaudirà questo suo desiderio?
«Se c’è una cosa che Berlusconi mi ha insegnato è a non porre limiti alla volontà di fare meglio. Ho sempre lavorato per soddisfare i suoi desideri, che poi erano anche i miei. Lo farò anche questa volta... anche se non posso promettere di riuscirci».

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