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Giuliano Ferrara e la lezione alla sinistra: "Regime, manganelli, cosa c'entra?"

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Il manganello è il nuovo feticcio della sinistra. Tanto disprezzato, quanto venerato poiché diventato l’arma prediletta con cui colpire il governo. Ma passare dal criticare l’eccesso di forza di qualche agente al denunciare l’instaurazione di uno Stato di polizia, del regime, è un esercizio classico della nostra sinistra. Una narrazione tanto fantasiosa quanto facile da smontare. E per fortuna ci ha pensato oggi sul Foglio Giuliano Ferrara nel suo editoriale. Se infatti la forza va usata solo su teppisti e delinquenti, quello pisano è un contesto un po’ particolare. “Certo a Pisa hanno un modo tutto loro, un po’ triste, di manifestare, ne feci esperienza personale. Preferisco il surrealismo dei livornesi, meglio un livornese in piazza che un pisano all’uscio. Detto questo, che c’entra il regime?” scrive Ferrara. 

A voler essere precisi, un ministro di polizia l’Italia l’ha avuto eccome. Ma nessuno ha mai pensato di metterlo in discussione. Altri partiti, altro stile, altra politica: “Abbiamo avuto per decenni un ministro di polizia, Mario Scelba, e pratiche di celere devastanti. Scelba aveva molti difetti, ma la legge antifascista, l’unica, è sua. I partiti dominanti, la Democrazia cristiana al governo e il Partito comunista all’opposizione, sapevano che cosa era il conflitto anche nelle piazze. Ma le accuse di regime venivano dosate. Ora il costituzionalismo è in materia una overdose permanente. Non mortale, perché alla fine nessuno ci crede veramente, ma pericolosa” continua sul Foglio.

 


Insomma, per Ferrara il regime è solo nella testa di qualche esponente della sinistra. Dal manganello facile alle accuse di Telemeloni. Uno Stato totalitario tanto potente da essere già stato ribaltato. Ecco che le elezioni in Sardegna hanno già invertito la narrazione: “Eppoi il regime sembrava già finito prima ancora di essere nato, non a Ventotene, ma nella illustre e corposa Sardegna, dove libere elezioni lo hanno a quanto sembra, anche se le cose definitive si sanno solo a impiccababbu morto, già rovesciato. La televisione è nelle salde mani dei talkshowmani, dal Nove a La 7 alla molto democratica rete dell’establishment Mediaset. Gli adeguamenti Rai sono sagre tradizionali e trasversali ancor più del podolico. Le lamentele appaiono francamente gratuite”.

 

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