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Patrick Zaki, sfregio alla Polizia: "Escalation contro civili disarmati"

Claudia Osmetti
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Non è una scena edificante, su questo siamo tutti d’accordo. Modena. Centro città, pieno giorno. Un ragazzo di 23 anni, si chiama Idrissa Diallo, è originario della Guinea, continua a ripetere: «Non ho fatto niente, non ho fatto niente». Una pattuglia dei carabinieri lo sta arrestando: prima gli chiedono i documenti, non ce li ha, poi frugano nel suo zaino, dopo ancora lo invitano a seguirli in caserma in modo da identificarlo. Lui, Diallo, si rifiuta. Ed è allora che due agenti dell’Arma lo colpiscono al volto, con un pugno, un altro, e lo caricano a forza sull’auto di servizio.

Il tutto viene ripreso da qualcuno col telefonino in mano, diventa un video virale che comincia a circolare su internet, lo rilancia sui propri social il gruppo Welcome to Favelas e scoppia un mezzo caso. Mezzo, perché il polverone che si solleva si acquieta quasi subito, non diventa il tema del giorno: e questo soprattutto perché i due carabinieri vengono immediatamente (e temporaneamente) reimpiegati ad altri incarichi.

Cioè trasferiti, allontanati, spostati altrove «nelle more degli approfondimenti dell’intera vicenda» (spiega una nota ufficiale proprio dell’Arma). Verranno analizzate tutte le dinamiche, come è giusto che sia, tanto che «il materiale multimediale» è già stato «acquisito dai carabinieri di Modena e trasmesso alla procura della repubblica per le valutazioni di competenza».

 

«Io lavoro», racconta lo stesso Diallo, «non ho mai fatto nulla di male. Ancora non sto bene, sono in ospedale e ho fatto i raggi». E quando esce dal pronto soccorso chiarisce: «Voglio denunciare. Mi hanno picchiato senza motivo». È un suo diritto e ci mancherebbe pure. A Modena, però, subito dopo, arrivano i soliti noti.

Da una parte i deputati del Partito democratico (Stefano Vaccari e Maria Cecilia Guerra in testa) e dall’altra Patrick Zaki. I primi se la prendono con «l’uso della forza da parte delle forze dell’ordine» che «non può mai essere sproporzionato altrimenti diventa abuso e infanga la divisa che si indossa: bene ha fatto, comunque, l’Arma a rispondere prontamente riassegnando i due militari e avviando verifiche per far piena luce sull’accaduto», il secondo va un tantinello più in là.

Zaki, infatti, sulla sua pagina X, scrive un accorato messaggio della serie: «Recenti atti di violenza della polizia catturati a Modena suscitano profonda preoccupazione. L’escalation nell’uso della forza contro civili disarmati da parte delle forze dell’ordine è un indicatore inquietante che richiede un’immediata attenzione».

 

Ora, tralasciando il mancato utilizzo degli articoli necessari nella lingua italiana per un testo fluente e il richiamo alla “polizia” quando invece si tratta di carabinieri, ma sorvoliamo: «escalation» e «uso della forza» detto da uno che fino all’altro ieri (ma anche oggi) definiva il premier israeliano Benjamin Netanyahu «un serial killer» lasciano un attimo il tempo che trovano. Tra l’altro, a Zaki, forse bisognerebbe ricordare che questo clima di «profonda preoccupazione» è lo stesso che l’ha tirato fuori (giustamente) da una gattabuia egiziana dove era finito per aver solo espresso le sue opinioni (cosa che in Italia, grazie al cielo, non avviene: e lui ne è la prova provata). Ringraziare per questo forse no; commentare quel che accade per carità (possiamo farlo tutti); di montare polemiche che si son già sgonfiate da sole, però, non ne sentivamo la necessità.

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