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Ilaria Salis occupa e non paga: debito da 90mila euro con la casa popolare

Ilaria Salis

Pietro Senaldi
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È cosa nota che nel febbraio del 2022, giusto un anno prima di partire per l’Ungheria per difendere a modo suo la democrazia dal pericolo nero, Ilaria Salis sia stata sfrattata da una casa popolare che occupava abusivamente nel periferico quartiere milanese del Corvetto. La candidata di Sinistra Italiana e Verdi per l’Europarlamento era da tempo un’eminenza rossa di quell’area degradata, in mano ai centri sociali e ricca di case prese con la forza dagli anarchici. Già nel 2014 si era messa in luce negli scontri che i teppisti avevano avuto con la polizia: barricate, sassaiole contro gli agenti, cassonetti dei rifiuti dati alle fiamme per opporsi allo sgombero di due palazzi nelle mani dei suoi amici. Per le sue prodezze, Ilaria è stata condannata a sei mesi di reclusione per gli insulti ai poliziotti e per aver tirato dietro loro di tutto.

SALTO DI QUALITÀ

La novità pre-elettorale è che, carte alla mano, a quei tempi la Salis già non abitava più al Corvetto. Imborghesita, si era fatta la seconda casa, più in centro, negli esclusivi Navigli. Naturalmente, come la prima, anche questa dimora la signora l’ha occupata abusivamente e non l’ha mai pagata. Si trova in via Giosuè Borsi al 14, scala E, e risulta occupata fin dal 2008 dall’attivista di estrema sinistra, che così avrebbe avuto nella propria disponibilità due alloggi popolari peri quali non versava un euro. Risulta da un estratto conto di riepilogo dei (mancati) pagamenti dell’Aler che, solo per l’immobile nei Navigli, una quarantina di metri quadrati al secondo piano, la Salis abbia maturato un debito nei confronti delle case popolari lombarde che, a maggio 2024, ammontava 90.129,24 euro. Più del doppio di quanto deve per la pigione non pagata in Corvetto. Il conto è cresciuto malgrado la pigione sia bassa (269 euro), perché in caso di occupazione abusiva l’Aler pretende il 150 per cento in più, ma questo poco interessa a chi entra con l’intenzione di non pagare mai. All’istituto delle case popolari tuttavia, poco si può rimproverare. Esso ha denunciato il tutto già nel 2009, ma la questura, una volta montato il caso, non aveva assecondato la richiesta della Regione di sgombero, probabilmente perché non corrisponde alla politica del Comune, da oltre dieci anni governato dalla sinistra più estrema che moderata.

Interpellato da Libero per un commento, il padre, Roberto Salis, si è limitato a dire che a lui di questa vicenda «non risulta nulla». Attualmente la Salis è da oltre un anno in Ungheria, prima in carcere e poi agli arresti domiciliari, dove si presume paghi l’affitto visto che laggiù, dove secondo i progressisti la democrazia è deficitaria, almeno il diritto di proprietà è tutelato e chi vìola la legge non viene candidato all’Europarlamento ma alle patrie galere. E viene il sospetto, data la ormai acclarata allergia cronica della donna in questione a pagarsi casa, che la richiesta di scontare i domiciliari nell’ambasciata italiana a Budapest, accampando di sentirsi in pericolo per la propria sicurezza, sia dovuta al fatto che vuol perpetuare l’abitudine di vivere a scrocco dei contribuenti.

Quanto alla sua, o meglio la nostra giacché è popolare, casetta milanese, non è stata però riassegnata a qualche cittadino bisognoso o a una famiglia in difficoltà. Risulta che essa sia attualmente occupata da tale A. C., un individuo riconducibile ai centri sociali della zona, lo stesso mondo che la Salis frequentava in Italia. La cosa non deve stupire. Quell’isolato di case popolari, in mezzo a residenze che vanno ormai dai sette ai dodicimila euro al metro quadro, è da decenni nelle mani dei centri sociali, che gestiscono occupazioni e spaccio e, secondo chi ben conosce la zona, riscuotono in nero l’affitto al posto della Regione. Sarebbe una storia di ordinario degrado urbano, di consueta sciatteria di un’amministrazione progressista, di sopruso e guerra tra poveri ben oltre la legge, non fosse che la Salis è stata candidata da quella coppia geniale, di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, il gatto e la volpe della politica italiana, all’Europarlamento per rappresentare la giustizia e la legalità.

 

 

 

 

DEPUTATO IVORIANO

Un po’ come quando i due spedirono alla Camera Aboubakar Soumahoro come paladino degli extracomunitari sfruttati, ignorando gli appelli di questi che, ben conoscendolo, gli davano dell’approfittatore, e poi la magistratura ne incriminò moglie e suocera con l’accusa di intascarsi i soldi per l’assistenza trattando i profughi a loro assegnati come dei cani. Con questa logica, al prossimo giro, ci dovremmo aspettare che Sinistra e Verdi candidino il concessionario del Ponte Morandi per presidiare la realizzazione delle opere del Pnrr, un terrorista di Hamas per garantire la pace nel mondo e il ministro dell’Industria cinese per fermare l’inquinamento.

Sia chiaro che la notizia della casa occupata e non pagata nulla c’entra con la situazione processuale che la Salis sta vivendo a Budapest né può giustificare il fatto che la donna sia stata portata in catene in tribunale, pratica da noi da poco rinnegata ma in voga in riva al Danubio e in tanti altre democrazie considerate evolute, come per esempio gli Stati Uniti. Noi semplici cittadini del Bel Paese ci accontenteremmo che l’estremista amata da Bonelli e Fratoinanni dedichi, in caso di elezione, i primi sei mesi di stipendio a saldare il debito che ha con l’Aler. Da rappresentante dello Stato, è il minimo che possa fare e chi l’ha candidata dovrebbe ricordarglielo e pretenderlo; anzi, mi sembra la sola motivazione per la quale qualcuno possa votarla.

Quanto al processo di Budapest, è bene fare chiarezza una volta per tutte. La macchina della disinformazione progressista ripete da mesi che l’estremista rosso-anarchica è in carcere da oltre un anno solo per aver procurato delle lesioni guaribili in nove giorni a un naziskin. Secondo l’accusa ungherese la situazione è diversa: Ilaria sarebbe incriminata per aver partecipato a dei blitz squadristi che si proponeva di raddrizzare la schiena a colpi di chiavi inglesi in testa agli estremisti di destra. Tecnicamente i reati che la magistratura ungherese le contesta sono associazione a delinquere e lesioni personali con rischio di morte, espressione traducibile dal magiaro anche con il reato di tentato omicidio. E per queste cose si può finire in galera anche in Italia.

 

 

 

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