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Ilaria Salis, "ho chiesto solo se lo avete messo": così da piccola gelò mamma e papà

Salvatore Dama
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“O parmigiano, portami via”. Correva l’anno 1987 e Roberto Salis scoprì di avere una figlia anarchica davanti a un piatto di pasta. La bimba, allora duenne, chiese ai genitori se, oltre agli spaghetti, la ricetta prevedeva anche una grattata di formaggio. Alla risposta affermativa della mamma, che tentava di spiegare i valori nutrizionali del parmigiano, arrivò l’alt della Young Salis: «Ho chiesto solo se lo avete messo, non le motivazioni». Che caratterino. Indubbiamente ereditato dal padre. Oscar come miglior attore non protagonista della campagna elettorale 2024.

Con Ilaria candidata per Avs, ma ai domiciliari in Ungheria, Salis senior si è fatto i comizi, le interviste, le ospitate televisive. Poi, per carità, lo storytelling antifascista c’era tutto. Infatti Bonelli e Fratoianni hanno fiutato subito e ci si sono tuffati a bomba. Però senza la fatica del daddy, per tenere sempre alti i decibel della polemica, come sarebbero andate le cose?

 

 

 

Lui, un personaggione. Sardo e incazzoso. Cinquantotto anni. Ingegnere libero professionista, un passato da manager. Sempre elegante con i suoi completi scuri e le cravatte a pois. Prima in tinta con la giacca, poi, in campagna elettorale, scivolate via via verso il rosso, in omaggio al posizionamento politico dell’erede.

Che Salis Roberto in passato non condivideva e che oggi forse ha sposato per amore. Già, perché nel 2013 ce lo troviamo in lista con “Fare per fermare il declino”. Elezioni regionali. Liberale e Liberista. Poi il partito è naufragato per le note vicende e Roberto ha mollato l’impegno pubblico. Dieci anni di silenzio fino al febbraio 2023, quando la figlia viene fermata a Budapest con l’accusa di aver partecipato a un’aggressione nei confronti di due neonazi. E riecco-Roberto Salis lo qui. Salis nega, ma è un uomo di destra.
Declinato in senso dispregiativo, come fanno a sinistra. E solo per questo andrebbe difeso dai suoi falsi amici.

 

 

 

Esempio fulgido di “patriarcato”. Paradigma di capofamiglia, di una famiglia tradizionale e binaria (orrore!), che fa il matto pur di proteggere sua figlia, dichiarando guerra al mondo. Maschio alfa (ahia) che combatte le maldicenze che girano sulla prole a colpi di querele. Populista, quando invoca la scarcerazione di Ilaria a furor di popolo («Ha preso 127mila preferenze!»). Sovranista, quando se ne frega delle procedure di proclamazione degli eurodeputati, competenza di Strasburgo, e chiede al governo di Roma di cacciare “il pezzo di carta”. Garantista, quando si tratta di sfruttare le guarentigie parlamentari- oddio no, i privilegi della castah!- per portare a casa Ilarietta nostra. Politica mente scorretto, quando irride Giorgia Meloni («Non è la Thatcher, è il Nano Mammolo»), alludendo alla statura, non solo istituzionale, del presidente del consiglio - bodyshaming! - e citando un cartone (Biancaneve) messo all’indice dalla cultura woke.

Dici: quale padre non avrebbe fatto lo stesso per una figlia in difficoltà. Vero. Il fatto è che ora Papà Salis è incontenibile. Dovrebbe provare a incanala re tutta questa altalena di emozioni. Però è difficile. Nel giro di qualche settimana vedrà la figlia passare dalle carceri ungheresi all’emiciclo europeo. Da anarchica a onorevole. Dal lavoro precario nella scuola ai 13 kappa più diaria che toccano ai membri dell’assemblea di Strasburgo. Un sogno. E infatti Salis senior sta scapocciando. Con derive fallocratiche. Chi ce l’ha più grosso, il consenso popolare, eh? «Ilaria ha preso più voti di Vannacci! Ha preso più voti di Meloni! Più di Tajani!». Sì, ma stai calmo. Calmo un piffero. Nella sua lista dei nemici non bada allo status. Il primo ministro magiaro, il suo bersaglio preferito: «L’Ungheria potrebbe chiedere la revoca dell’immunità?

 

 

 

Non so cosa abbia in mente Orbán, ma si coprirebbe di ridicolo». Poi Matteo Salvini («Ha un curriculum peggiore di mia figlia»), Carlo Nordio («Non risponde»), Italo Bocchino («Niente da spartire»), i quotidiani («Vi querelo tutti!»). Infine Tajani, accusato di insensibilità («Non ha fatto mai niente»): «Basterebbe una dichiarazione della Farnesina... potrebbe essere sufficiente un’altra dichiarazione di Strasburgo che...».

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