Il monte Sinai svela la prova che Mosè è esistito

Secondo uno studio l’iscrizione trovata in un antico sito minerario dimostra che il patriarca fu un personaggio storico
di Maurizio Stefaninimartedì 5 agosto 2025
Il monte Sinai svela la prova che Mosè è esistito
4' di lettura

I biblici Mosè e Giuseppe sono vissuti sul serio, o comunque sono vissute persone dal cui nucleo storico sono nati questi personaggi biblici. La tesi è proposta dal ricercatore indipendente israeliano Michael-Shelomo Bar-Ron, un ex-rabbino ora diventato archeologo presso la Ariel University. E, ovviamente, ha generato un intenso dibattito nella comunità accademica internazionale. Il punto è che secondo la maggior parte degli archeologi non esistono evidenze dell’Esodo biblico. Ciò toglierebbe il presupposto a tutta una serie di altre ipotesi che sono state fatte nell’ultimo secolo e mezzo. Tanto per citare le due più clamorose: da quella di Sigmund Freud secondo cui gli ebrei cacciati dall’Egitto sarebbero stati i seguaci della riforma monoteista del faraone Akhenaton, perseguitati dopo il ritorno del politeismo; all’altra per cui sarebbe stato il contraccolpo di una colossale eruzione nell’isola greca di Santorini a provocare sia la fine della civiltà minoica – poi trasfigurata nel mito di Atlantide, sia le piaghe d’Egitto che il ritiro e ritorno delle acque del Mar Rosso – da cui il racconto dell’Esodo.

L’ALFABETO
Ma Michael S. Bar-Ron si è messo per otto anni a analizzare alcuni testi ritrovati nella penisola del Sinai, basati su quell’alfabeto proto-sinaitico che fece da ponte tra i geroglifici egiziani e gli alfabeti moderni. Punto di partenza, un antico sito minerario di turchese a Serabit el-Khadim, dove all’inizio del XX secolo erano state trovate alcune iscrizioni risalenti alla fine della XII dinastia egizia, durante il regno di Amenemhat III, regnante tra 1846 e 1801 a.C. Si tratta in effetti di sei secoli prima dell’epoca in cui la tradizione fa vivere il Mosè biblico. Ma in di queste iscrizioni si trova la frase semitica «Questo proviene da MŠ», che il ricercatore interpreta come un antico riferimento al nome Mosè (Moshe). Che secondo la Bibbia significherebbe “Nato dalle acque”, e effettivamente evoca la radice egizia per “Figlio”. Ramses era il figlio di Ra, il sole, e Thutmosi il figlio di Thot. «Se corretta, questa potrebbe essere la prima prova scritta di Mosè come individuo storico», ha detto Bar-Ron in un intervista.

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Per decenni una precisa traduzione non è stata possibile, ma Bar-Ron è ricorso a tecnologie avanzate: fotografia ad alta risoluzione, scansioni tridimensionali e lo studio di calchi conservati presso l’Harvard Museum of the Ancient Near East. Così ha individuato la presenza della lettera mem e di altre formazioni distintive in diverse iscrizioni, il che, a suo avviso, supporta l’ipotesi di un autore semitico legato all’élite egizia. Coerente con la tradizione biblica che raffigura Mosè come un servitore nel palazzo del faraone. Le iscrizioni, identificate come Sinai 357 e 361, mostrano i caratteri M-Š in contesti che Bar-Ron interpreta come segni di paternità personale: “ZT MMŠ” («Questo deriva da MŠ») e “N?UM MŠ” («Un detto di MŠ»).

Lo stile linguistico, il tono personale e la struttura poetica di questi testi rafforzano l’idea di un singolo autore. Ma la ricerca di Bar-Ron include anche la figura di Giuseppe. Il ricercatore suggerisce infatti che il visir egiziano Ankhu, menzionato in altri documenti archeologici, potrebbe corrispondere al Giuseppe biblico.
Un’iscrizione chiave, Sinai 350, presenta un cartiglio ibrido egizio-semita e menziona la divinità El, associata al culto ebraico primitivo. La complessità del documento suggerisce che il suo autore fosse un alto funzionario semita, forse sotto Amenemhat III. Ed è una posizione che si adatta alla narrazione di Giuseppe nella Genesi. La tesi di Bar-Ron è che un’élite semita ascese a posizioni di potere in Egitto e fu successivamente ridotta in schiavitù: il processo che, ovviamente trasfigurato, si riflette nella storia dell’Esodo.

CONFLITTI RELIGIOSI
Al di là dell’analisi linguistica, le iscrizioni mostrano un sottofondo di conflitto religioso. Bar-Ron classifica i testi in cinque gruppi: alcuni contengono lodi a Baalat, la dea cananea legata ad Hathor, mentre altri mostrano segni di alterazione da parte di scribi successivi fedeli a El, il dio degli Ebrei. «Vediamo iscrizioni di culto che lodano Baalat, solo per essere modificate da scribi successivi, cancellando i simboli del culto del pesce e sostituendoli con lodi a El», ha spiegato. Dunque, interpreta queste modifiche come l’epicentro di una ribellione teologica. I resti di un tempio bruciato dedicato a Baalat a Serabit el-Khadim supportano l’idea di una violenta epurazione religiosa, probabilmente guidata dai seguaci di El, tra i quali Bar-Ron suggerisce il possibile coinvolgimento di Mosè.

Espressioni come nimosh (“andiamocene”) nelle iscrizioni, secondo la sua analisi, aprono la strada a una narrazione proto-esotica registrata in tempo reale. Thomas Schneider, egittologo presso l'Università della British Columbia, ha definito queste affermazioni «completamente infondate e fuorvianti» e ha messo in dubbio l’identificazione delle lettere, affermando anche che ci sarebbe stato un pregiudizio teologico nell’interpretazione dei testi. Ma altri studiosi ritengono che per lo meno c’è di che discuterne.

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