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Il partito delle urne arruola di tutto Scopri le follie a destra e a sinistra

Nel Pdl a soffrire di più sono gli ex An, scatenata la Santanchè. Fibrillazione anche nel Pd

Eliana Giusto
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Fino ad oggi la strana maggioranza era quel bizzarro mostro a tre teste - Pdl, Pd e terzo polo - che teneva in piedi il governo di Mario Monti. Adesso, grazie alle non esaltanti performance dell'esecutivo dei Professori, la strana maggioranza è diventata quella che di pigiare il bottone non ne può più e scalpita per staccare la spina ai tecnici e per andare a votare, anche a ottobre. Con l'esclusione del terzo polo, dove più che qualche mal di pancia finiano assai sotto traccia non si registra, il partito dei Forza urne guadagna proseliti a destra e a sinistra. Centrodestra - Dando per arruolata tutta la Lega Nord che dal primo giorno invoca il licenziamento di Monti e compagnia (tema che vede d'accordo il capo di ieri Umberto Bossi e quello di domani Roberto Maroni), il faro si concentra sul Popolo della libertà. Dove l'area di sofferenza maggiore è quella degli ex Alleanza nazionale: i nomi più in vista sono quelli degli ex ministri Giorgia Meloni ed Altero Matteoli. Dietro a loro una buona parte del centinaio di parlamentari pidiellini di provenienza An, tra cui il vicecapogruppo Massimo Corsaro e i deputato Maurizio Bianconi, Viviana Beccalossi e Marcello De Angelis. Non che tutti costoro invochino l'eutanasia diretta del governo: tra chi chiede che il Pdl passi ad un appoggio più critico, chi vorrebbe un partito più propositivo e meno appiattito sui prof e chi si accontenterebbe di un qualche colpo d'ala da parte del governo le posizioni sono diverse. Certo, in pochi si strapperebbero i capelli se Monti, specie in seguito ad incidente causato da altro partito, andasse a casa. Persino il finora compassatissimo capogruppo al Senato Maurizio Gasparri, qualche giorno fa si è spinto a dichiarare che «il voto anticipato sarebbe meglio se il governo non riuscisse a risolvere nulla». Acque agitate anche in area forzista. Qui a guidare la schiera di quanti bocciano in pieno il governo e si suppone non sarebbero così dispiaciuti di tornare urne ci sono gli ex ministri Renato Brunetta e Sandro Bondi, per cui «il voto anticipato non è uno scandalo». Tra chi chiede apertis verbis il ricorso alle urne anticipate ci sono Gianfranco Rotondi («Meglio elezioni a ottobre che una rissa semestrale con finale antipolitico») e Guido Crosetto («Prima la legge elettorale e poi governo a casa»). Attivissima l'ex sottosegretario Daniela Santanchè, in campagna elettorale da settimane. Centrosinistra - Escludendo dal conto l'Idv di Antonio Di Pietro, compatta all'opposizione dal primo momento, in casa Pd il front runner è il responsabile economico Stefano Fassina, che da qualche giorno bestemmia la linea del partito invocando le urne ad ottobre. Con lui, i giovani turchi Matteo Orfini e Marianna Madia. Ieri, i tre hanno incassato il sostegno della Velina rossa, foglio indicato come vicino ai dalemiani (anche se il D'Alema medesimo bolla l'ipotesi di voto anticipato come «una sciocchezza»). E Bersani? Bersani rinvia la proposta al mittente, ripetendo che l'orizzonte del Pd è e resta il 2013. Nel dubbio, però, il segretario Democratico inizia a mettere le mani avanti, e all'intervistatore del Tg1 che gli chiede se ha intenzione di correre per la premiership, risponde che «mi candiderò, ma spero non da solo». Un chiaro guanto di sfida al competitor interno Matteo Renzi. Le fibrillazioni del Pd, da ultimo, sortiscono anche un inatteso effetto collaterale: hanno ringalluzzito i comunisti. Come Nichi Vendola, che è fuori dal parlamento e non vede l' ora di capitalizzare la crescente popolarità del proprio partito, Sinistra e libertà. Ma anche  personaggi che ultimamente erano finiti un po' in secondo piano come Paolo Ferrero, Fabio Mussi e Oliviero Diliberto. Avanti così, e per scattare la nuova foto di Vasto bisognerà prendere il grandangolo. di Marco Gorra

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