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Renzi perderà pure,ma ai vecchi comunistiha dato una bella scossa

Per la prima volta nella storia del Pd raccoglie consensi nell'elettorato di sinistra un leader che non trae la sua forza dal ripetere "cose di sinistra"

Matteo Legnani
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  Resta fermo che nove su dieci Pierluigi Bersani avrà la meglio domenica prossima nel turno conclusivo delle primarie del Pd. Epperò quel 35 per cento abbondante di voti che Matteo Renzi s'è guadagnato al primo turno segnala un fatto nuovo e importante nella topografia partitica italiana. E tanto più che quei voti li ha presi nel cuore delle regioni che fanno da architrave della storia reale della sinistra, quelle regioni dove l'essere di sinistra significa produzione, cooperazione, mercato moderno, distribuzione della ricchezza e non regno delle chiacchiere e delle illusioni. Per la prima volta nella storia del Pd - voglio dire nella storia di quella sinistra italiana cominciata a Livorno nel 1921 e che dopo vari cambiamenti di insegna è oggi rappresentata dal Pd - si muove con forza e raccoglie consensi nell'elettorato di sinistra un leader ambizioso che non trae la sua forza dal pronunciare e ripetere spasmodicamente "cose di sinistra". Nel ripetere la nenia con cui mandare a letto i bambini delle «professoresse democratiche» (copyright Edmondo Berselli) è la prima volta che l'architettura partitica della Seconda repubblica - un'architettura ai miei occhi impossibile da abitare nel terzo millennio - ha un sussulto e una scossa. Vedo che qualche imbecille del Pd rimprovera Renzi di essere stato votato in Toscana da «un nobile» («Meglio nobile che ignobile» era solito ripetere il mio amico Lillio Ruspoli). Nientemeno. Un nobile che anziché votare un qualche candidato che voglia ripristinare la schiavitù e la giornata lavorativa di 12 ore, vota per questo ragazzone che ha fatto la sua carriera politica da sindaco del Pd a Firenze.  

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