Altro che 3.500 euro al mese. Se proprio il governo vuole sfoderare la spada contro le iniquità del sistema pensionistico per tappare un po’ di buchi del bilancio pubblico, gli obiettivi sono ben diversi da quelli ad ampio spettro su cui i tecnici di Via XX Settembre continuano a ragionare. Al di là del retributivo, infatti, l’Italia è piena di categorie che negli anni passati hanno goduto di trattamenti di assoluto favore con una totale non corrispondenza tra quanto hanno dato e quanto ora prendono. Progressivamente molti privilegi, almeno sulla carta, sono stati eliminati. Ma serviranno ancora diversi decenni prima che l’onda lunga delle pensioni d’oro ingiustamente percepite smetta di pesare sui conti dello Stato. L’elenco dei favoriti è lungo e articolato. A partire, in ordine di tempo, dalle circa 38mila persone (tra cui Giorgio Napolitano, Franco Marini, Ottaviano del Turco e Sergio D’Antoni) che dal 1974 al 1980 hanno usufruito del regalo previdenziale elargito dalla famosa legge Mosca. Un giochino che alla modica cifra di circa 15 miliardi di euro ha garantito il vitalizio a chi nel dopoguerra aveva lavorato per partiti e sindacati senza iscrizione all’Inps, e quindi senza contributi. Restando nel campo della politica, ogni anno continuiamo a pagare fior di pensioni a parlamentari che hanno lavorato solo pochi giorni. Con il governo Monti le Camere sono passate al contributivo, ma tutti gli eletti prima del gennaio 2012 che hanno fatto almeno una legislatura (famoso il caso di Luca Boneschi che prende 3.108 euro al mese per un giorno da parlamentare) continuano tranquillamente a percepire il loro assegno mensile. Il metodo contributivo è arrivato anche al Quirinale, dove le pensioni d’oro si sono arrestate nel 2008. Due anni più tardi è finita la cuccagna pure per i giudici costituzionali. Per loro il trattamento è quello generale che si applica anche alla magistratura (regole Inps ma possibilità di restare al lavoro fino a 75 anni). Quando era in vigore il retributivo, però, l’usanza di nominare il più anziano presidente faceva schizzare l’assegno pensionistico alle stelle praticamente per tutti. Mentre i dipendenti usufruivano anche da pensionati degli aumenti degli ex colleghi rimasti in servizio. La tagliola è arrivata nel 2000, invece, per l’Antitrust, dove prima si poteva andare in pensione (Giuliano Amato prende 11mila euro al mese, più altri 11mila da professore universitario) con l’equivalente dell’altissimo stipendio da commissari. Aiutini pure in Bankitalia, dove alla pensione ordinaria si aggiunge quella integrativa di un Fondo finanziato per lo 0,5% del Tfr dal dipendente e per il 4,7% del Tfr dall’Istituto. Tra i privati rientrano tutte le categorie che facevano capo a Fondi speciali ora non più attivi. In vetta alla classifica il personale di volo, che godeva di particolari privilegi anche sui coefficienti di trasformazione e sul calcolo degli anni di contribuzione. Non è un caso che ancora nel 2013 la pensione dei piloti è la più alta, con una media di 3.500 euro. (S.IAC.)
