Cerca
Cerca
+

Belpietro: Matteo Renzi come Andreotti, ecco come vuole fregare Silvio Berlusconi

Giulio Bucchi
  • a
  • a
  • a

Matteo Renzi ha fretta di far approvare la nuova legge elettorale. Perché all'improvviso l'Italicum sia tornato d'attualità, quando fino a ieri era stato accantonato per far procedere più in fretta altre leggi, è abbastanza chiaro. Più le cose vanno male, cioè più le misure economiche del governo si rivelano inefficaci, e più il presidente del Consiglio si rende conto che non può sperare di durare in queste condizioni e con questo Parlamento fino al 2018, termine naturale della legislatura. Ma allo stesso tempo il premier sa che non può neppure spingere Giorgio Napolitano a sciogliere le Camere ora, perché se si votasse oggi, con la legge proporzionale in vigore dopo la cancellazione del Porcellum da parte della Corte costituzionale, dalle urne non uscirebbe una maggioranza netta a sua favore, ma anzi potrebbe essere perfino peggiore di quella attuale. Urge dunque dotarsi di un nuovo sistema elettorale, che garantisca non solo la vittoria di Renzi (scontata, ovviamente, visto che il suo consenso fra gli elettori continua a galleggiare intorno al 40 per cento), ma che assicuri anche all'esecutivo di poter lavorare senza trabocchetti. Ecco perciò rispolverato in tutta fretta l'Italicum, che secondo le promesse del presidente del Consiglio avrebbe dovuto essere stato approvato già la primavera scorsa, ma che inspiegabilmente era stato dirottato su un binario morto, sorpassato da altri provvedimenti. Epperò, per essere sicuro che il gioco - cioè le elezioni - valga la candela, il premier ha bisogno di essere certo che il sistema funzioni e cioè che una volta votato lui possa governare con la maggioranza assoluta, ossia senza l'aiuto di nessuno. Insomma, Renzi - come Berlusconi - insegue il sogno del 51 per cento, se non nell'urna almeno in Parlamento, grazie al premio di maggioranza. Che il disegno sia quello appena spiegato risulta ormai evidente a chiunque si occupi di queste faccende. Non a caso ieri, in un'intervista a La Stampa, il politologo Roberto D'Alimonte, ossia il professore che nella fase iniziale ha assistito Renzi nella trattativa con Berlusconi, spiegava che le modifiche alla legge elettorale convengono solo al Pd, che, se vincesse, con il 40 per cento otterrebbe il 55 per cento dei seggi, evitando dunque di dover ricorrere in futuro all'aiuto di Ncd, Scelta civica, ma anche Forza Italia. Per i partiti moderati sarebbe il disastro: Ncd sparirebbe, mentre il partito del Cavaliere finirebbe terzo dietro al Movimento Cinque Stelle, senza nessuna possibilità di influire su Renzi. Insomma, il presidente sta studiando bene la trappola con cui chiudere in gabbia tutti gli avversari e garantirsi l'autosufficienza. Le elezioni gli consentirebbero di fare piazza pulita della fronda interna, quella sinistra che rappresenta la spina nel fianco del governo, soprattutto per quanto riguarda il piano per il lavoro, perché se si votasse spetterebbe a lui decidere chi mettere in lista e c'è da giurare che molti contestatori sparirebbero. Con il premio di maggioranza al partito e non alla coalizione porterebbe dunque in Parlamento solo fedelissimi. È per questo che mercoledì, nell'incontro a Palazzo Chigi, Silvio Berlusconi ha all'improvviso puntato i piedi. Il Cavaliere ha capito che la proposta di Renzi nasconde una colossale fregatura. Le modifiche alla legge elettorale non renderebbero Forza Italia determinante, ma le assicurerebbero un ruolo di terzo piano, a tutto vantaggio del premier , il quale sarebbe ancora di più un uomo solo al comando. Il leader di Forza Italia ha usato perciò la minaccia di far saltare il patto del Nazareno e dunque di impedire l'approvazione della legge elettorale. Ma l'altolà potrebbe non avere l'effetto sperato, perché quel gran furbacchione del presidente del Consiglio si è già preparato un piano B. Come ai tempi di Giulio Andreotti, il premier mette in pratica la teoria dei due forni in cui cuocere il pane: se ci sta lo si mette nel forno di destra, altrimenti si usa quello di sinistra. Tradotto, significa che se Berlusconi rompe con Renzi, quest'ultimo si rivolge ai Cinque Stelle o a una parte del movimento di Grillo, magari favorendone la scissione. Del resto questo è il senso delle parole pronunciate ieri dalla soave responsabile delle Riforme, il ministro Maria Elena Boschi, la quale si è detta pronta a farle anche senza Forza Italia. Per altro, le prove di accordo fra Pd e M5S si son viste ieri, con le elezioni per la Consulta e per il Csm. E lo stesso Renzi ha parlato di patto del Nazareno che scricchiola. L'uomo di Arcore è avvisato. di Maurizio Belpietro [email protected]

Dai blog