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Lega Nord, scontro tra Matteo Salvini e Roberto Maroni sul reddito di cittadinanza. Il segretario: "Un messaggio sbagliato"

Andrea Tempestini
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Torna a farsi sentire il "vero" scontro nella Lega Nord, quello tra Matteo Salvini e Roberto Maroni. Dopo essere stato "oscurato" dallo strappo di Flavio Tosi, riprende il conflitto. I due si punzecchiano sul reddito di cittadinanza, la proposta grillina. Il governatore Lombardo ha spiegato: "Voglio introdurre in Lombardia la prima sperimentazione del reddito di cittadinanza, riservato ai cittadini residenti in Lombardia, in modo coerente con le finalità del Fondo sociale europeo". A stretto giro di posta, la replica del segretario federale Salvini, che in tarda serata nel corso della trasmissione Dimartedì ha definito la proposta del governatore "un messaggio culturalmente sbagliato". Per Salvini, infatti, si tratta di "elemosina di Stato". Per inciso, come si spiega nell'articolo di Massimo Costa che segue, la proposta ha spaccato tutto il centrodestra lombardo: contrari anche Forza Italia, Ncd e Fratelli d'Italia-An. Mariastella Gelmini, coordinatrice lombarda di Fi, si dice «perplessa» e silura la proposta senza mezzi termini: «La Lombardia può fare a meno di misure assistenzialiste». Il capogruppo azzurro al Pirellone Claudio Pedrazzini si spinge ancora più in là: «Non fa parte del programma elettorale, non possiamo aiutare chi non vuole lavorare. L'assistenzialismo ha portato il Paese allo sfascio aggravando il debito pubbblico italiano». Roberto Maroni getta sul tavolo a sorpresa la proposta di un «reddito di cittadinanza in salsa lombarda», ma non trova sponde tra gli alleati. Di più: il governatore sbatte contro il muro dei partiti di centrodestra che si dicono pronti a non votare in Consiglio regionale un provvedimento che negli anni è diventato il cavallo di battaglia storico di grillini e Cinquestelle. Non è solo la stroncatura di Salvini, insomma, l'ostacolo da affrontare per il governatore eletto con la promessa di trattenere in Lombardia il 75% delle tasse locali. Anche il capogruppo leghista Massimiliano Romeo si mostra cauto ai limiti della freddezza: «Prima di giudicare la proposta, che non abbiamo ancora visto, preferiremmo vi fosse una condivisione nell'ambito dei partiti di maggioranza». Al governatore, gli stessi rappresentanti del Carroccio rimproverano un'uscita non concordata né con il partito né con gli alleati. «Non sarà elemosina di Stato, ma sarà una misura concreta» spiega nel pomeriggio il governatore rispondendo alla raffica di critiche interne, nei giorni in cui la maggioranza deve trovare un'intesa anche sulla riforma sanitaria. «Chi critica si informi». Eppure, nel centrodestra è chiara l'identificazione del reddito di cittadinanza con il progetto di legge regionale già depositato dai grillini: 780 euro mensili a chi ha perso il lavoro e l'esclusione per chi rifiuta tre proposte di lavoro in tre anni. «Finalmente Maroni si sveglia» esulta il Cinquestelle Dario Violi. Favorevoli anche il Pd e il sindaco di Milano Giuliano Pisapia. A sintetizzare il pensiero di Forza Italia è invece il capogruppo Pedrazzini: «È giusto aiutare chi non può lavorare ma non chi non vuole lavorare. Non possiamo dare soldi a quelli che non dimostrano di meritarseli, anche loro devono sentire il dovere di contribuire al miglioramento delle proprie condizioni di vita. Va bene l'attenzione agli ultimi e a quelli che stanno peggio; occhio però a non “scavalcare a sinistra” la sinistra». Anche l'Ncd non mostra entusiasmo. «Va bene aiutare le persone in difficoltà» premette il consigliere Stefano Carugo, «ma i fondi europei siano usati per creare occupazione e non per dare sussidi a pioggia ai disoccupati». Oltre a Fi e Ncd, Maroni dovrà convincere anche Fratelli d'Italia. L'assessore al Territorio viviana Beccalossi si dice favorevole, sostenendo che «chi conosce Maroni sa che non ha nel dna politiche basate sull'assistenzialismo. Neanche un euro sarà dato ai fannulloni». Ma il capogruppo in Regione Riccardo De Corato avverte: «Prima aiutiamo le imprese. È lì che la Lombardia deve puntare, non sul reddito di cittadinanza». La linea del governatore, di fronte alla bufera, parte dalla presa di distanza rispetto alla bandiera storica dei grillini: «Mi interessa il progetto presentato dai Cinquestelle, ma loro parlano e noi facciamo. Noi saremo i primi in Italia a sperimentare il reddito di cittadinanza e differenzieremo i sussidi: politiche attive del lavoro per i giovani, emersione dal livello minimo per gli anziani e le fasce deboli». Il progetto, a cui sta lavorando l'assessore al Bilancio Massimo Garavaglia, dovrebbe essere pronto tra fine giugno e inizio luglio in concomitanza con l'assestamento di bilancio: «Daremo nuova benzina alle nostre misure attive sul lavoro, ma il pensionato di 70 anni in difficoltà si trova in un'altra situazione». La missione di Maroni, ora, sarà quella di convincere gli alleati. A giudicare dalle prime reazioni, il rischio è che si apra una faida ancora più sanguinosa della battaglia intorno al futuro degli ospedali. di Massimo Costa

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