Elezioni Regionali, la rabbia di Matteo Renzi: due strade per il suo Pd
Matteo Renzi, prima di parlare, ha lasciato trascorrere quasi tutta la giornata. Poi un commento, telegrafico: "Un ottimo risultato, per il governo non cambia nulla". Questo il commento a quella che solo sulla carta è una vittoria (5 a 2 alle Regionali), ma che politicamente è decisamente un ko. In mattinata il premier è salito su un volo per l'Afghanistan e ha lasciato l'Italia. Nel tardo pomeriggio, appena rientrato da Herat, come detto si è fatto sentire, ma solo per rivendicare una inesistente vittoria. Il suo entuourage, Debora Serracchiani in testa, nel mattino di un lunedì nero (per il Pd) è andata in televisione e ha spiegato che non è stata una sconfitta, ma i toni e le facce dicono esattamente il contrario. Certo, sarà necessario fare una riflessione sulle elezioni regionali, che non ricordano neanche lontanamente quel 40% raggiunto alle europee. La domanda è una sola: e adesso? Che cosa farà Matteo Renzi dopo il voto? Pesano due grosse sconfitte. Quella di Alessandra Moretti in Veneto, letteralmente travolta da Luca Zaia (sostenuto da Lega e Forza Italia) e (soprattutto) quella inaspettata di Raffaella Paita in Liguria. Dalle indiscrezione che emergono Renzi sarebbe letteralmente furioso con la minoranza dem, in particolare per lo strappo (fatale) in Liguria (i dissidenti hanno espresso un loro candidato, il civatiano Luca Pastorino, i cui voti si sono rivelati determinanti per la sconfitta). Renzi è furioso anche per l'ormai famosa lista degli impresentabili di Rosy Bindi, arrivata alla vigilia del voto, con in testa il nome del candidato in Campania, Vincenzo De Luca. Dal premier, segnali di nervosismo erano arrivati anche alla vigilia del voto, quando secondo il Corriere della Sera, avrebbe detto ai suoi fedelissimi: "Vinciamo 'ste cazzo di elezioni e poi torniamo a lavorare". Peccato che la vittoria, nei fatti, non sia arrivata. Le possibilità - E dunque, ci si chiedeva, che cosa farà il premier? Come tornerà "a lavorare"? Gli scenari sono due: c'è chi, come suggerisce Affariitaliani.it, Renzi cercherà di isolare. Si parla, è ovvio, della minoranza dem. Il premier tenterà di mettere la sinistra Pd davanti a una scelta: o con me, o conto di me. O con me o con Civati. All'interno del partito Lorenzo Guerini potrebbe essere promosso al ruolo di capogruppo alla Camera, mentre Maria Elena Boschi e Luca Lotti potrebbero avere la poltrona di vice-segretari nazionali. C'è chi dice che la Bindi potrebbe saltare per il suo "sgarro" pre-elettorale. L'altro scenario invece vedrebbe Renzi più propenso a ricucire con la sinistra, potrebbe insomma cedere su qualcosa e provare a ricompattare il partito, facendo qualche concessione per esempio sulla scuola o sulla riforma del Senato. Potrebbe scegliere la strada morbida, quella della negoziazione, della trattativa per tenere buono il nemico interno e presentarsi alle prossime politiche con un partito più compatto. Una strada, quest'ultima, molto difficile da praticare, poiché il Pd è ormai già molto sfilacciato e l'unità pare irrimediabilmente compromessa.