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Scontrini falsi, Marino scarica le colpe: "Nessun falso sulle cene, era la prassi"

Giovanni Ruggiero
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"Non sono indagato, ma persona informata sui fatti" ha detto Ignazio Marino nella prima uscita pubblica dopo aver incontrato per quattro ore il Pm della Procura di Roma che sta indagando - su ignoti - per lo scandalo delle note spese truccate al Campidoglio. A proposito degli esposti di Fratelli d'Italia e Movimento 5 Stelle, Marino li ha definiti: "Vergognosi, scritti da persone o in mala fede o ignoranti. Per esempio, in uno si afferma che il sindaco avrebbe utilizzato risorse pubbliche per la tintoria di abiti privati. Ma bastava approfondire, la tintoria serviva per abiti storici dei trombettieri che vengono ricevuti con tappeto rosso". Sulle spese Marino ha poi aggiunto: "Non ho mai utilizzato denaro pubblico a scopo privato - ha proseguito Marino - semmai il contrario. Per esempio, quando mi sono recato a New York per due giorni per un lungo incontro con sindaco di New York, nonostante potesse essere considerato viaggio istituzionale, visto che ero già negli Stati Uniti per vacanza, ho pagato l'albergo con i miei soldi". La difesa - "Davanti alla magistratura - ha aggiunto poi l'avvocato del sindaco dimissionario, Enzo Musco - ci siamo difesi sulla vicenda degli scontrini senza accusare nessuno ma spiegando come funziona la burocrazia romana: gli scontrini venivano portati in Comune il giorno dopo gli appuntamenti istituzionali e registrati dopo molto tempo; e da parte di coloro che li registravano non veniva commesso alcun falso, perché si tratta di una prassi burocratica validata anche dal regolamento Anci sui rimborsi". Secondo l'avvocato, Marino non può ricorare tutto a memoria: "Non le cene o appuntamenti a distanza anche di 15 mesi".

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