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Facci: sui soldi ai partiti i saggi vanno fuori di testa

Giulio Bucchi
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di Filippo Facci Saggi e arroganti, non c'è che dire. Nella loro relazione hanno scritto che «il finanziamento pubblico delle attività politiche costituisce un fattore ineliminabile»: anche se formalmente è già stato eliminato con il regolarissimo referendum del 1993. Dunque i saggi - domanda - avallano quell'aggiramento della norma che garantisce ai partiti molti più soldi di quelli spesi? No, il finanziamento «va distinto dal rimborso delle spese elettorali che deve essere documentato con rigorosi tetti di spesa». Quindi ci vogliono entrambi, sia finanziamento pubblico sia il rimborso pubblico: e perchè? «Per evitare che le ricchezze private possano condizionare impropriamente l'attività politica».  Ricapitoliamo: 1) c'è stato un referendum, ma chi se ne frega; 2) ci teniamo la norma sui rimborsi purché documentati - e ci mancherebbe; 3) ci ri-aggiungiamo anche il finanziamento pubblico benché abrogato: una parte fissa - si legge - più un'altra proporzionata ai voti presi; a questi oltretutto vanno sommati i finanziamenti ai gruppi parlamentari, che sono un'altra cosa ancora; 4) dimenticavamo: c'è da fissare anche un tetto massimo di contributi dei privati, ai quali occorre assicurare «significativi sgravi fiscali»; altre forme di finanziamento volontario da parte di singoli cittadini - tipo il 4 per mille proposto da Bruno Tabacci - non vengono menzionate o prese in considerazione; 5) infine, siccome era poco: accesso gratuito a tot spazi televisivi e comodato gratuito per locali e spazi pubblici, ma questo non durante la campagna elettorale: sempre.  Leggi il commento integrale di Filippo Facci su Libero in edicola oggi, sabato 13 aprile

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