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Il Cav si riprende CasiniEcco il piano di Silvioper votare e vincere

Silvio Berlusconi e Pier Ferdinando Casini

Due punti chiave: la modifica del Porcellum e le alleanza. Mano tesa a Pier, Lega e Monti. Un po' come nel 2001...

Andrea Tempestini
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    di Fausto Carioti C'è un ordine possibile che può emergere dal grande caos in cui si trova la politica italiana dalla notte del 25 febbraio e per il quale il governo Letta, malgrado gli sforzi del premier, non pare essere la soluzione definitiva. Ci stanno lavorando Silvio Berlusconi e la strettissima cerchia dei dirigenti del Pdl più vicini al Cavaliere. Già da qualche settimana hanno avviato le trattative con i vertici dei partiti contigui, trovando, raccontano a palazzo Grazioli, orecchie interessatissime. Il piano è pronto a diventare operativo se il governo – che per il momento il Cavaliere non ha alcuna intenzione di mandare al macero – dovesse mostrarsi incapace di andare avanti, perché esplode la situazione dentro al Pd o perché l'esecutivo si rivela non in grado di mantenere le promesse fatte dal presidente del Consiglio in Parlamento. Il percorso berlusconiano parte dalla casella più imprevedibile: l'uccisione del Porcellum. Molti degli esponenti del Pdl legano questa mossa alla revisione della Costituzione, col risultato di mettere il ministro per le Riforme, la “colomba” pidiellina Gaetano Quagliariello, in un ruolo di mediazione tutt'altro che facile col resto del governo e col Pd. In realtà Berlusconi non ha abbandonato l'idea di andare al voto il prima possibile, ora che tutti i sondaggi danno il Pdl come primo partito. Realisticamente, però, il leader del centrodestra deve fare i conti con Giorgio Napolitano. Se infatti c'è una certezza sulle intenzioni del presidente della Repubblica, è che non scioglierà l'attuale Parlamento se prima non saranno state riscritte le regole del voto. Ha messo la questione al centro del discorso fatto nell'aula di Montecitorio il 22 aprile, giorno del giuramento: «Imperdonabile resta la mancata riforma della legge elettorale del 2005. Ancora pochi giorni fa, il presidente Gallo ha dovuto ricordare come sia rimasta ignorata la raccomandazione della Corte Costituzionale a rivedere in particolare la norma relativa all'attribuzione di un premio di maggioranza senza che sia raggiunta una soglia minima di voti o di seggi. La mancata revisione di quella legge ha prodotto una gara accanita per la conquista, sul filo del rasoio, di quell'abnorme premio, il cui vincitore ha finito per non riuscire a governare una simile sovra-rappresentanza in Parlamento. Ed è un fatto, non certo imprevedibile, che quella legge ha provocato un risultato elettorale di difficile governabilità, e suscitato nuovamente frustrazione tra i cittadini per non aver potuto scegliere gli eletti». Concetto ripetuto da Napolitano, in termini ancora più chiari, nei colloqui privati che ha avuto nelle settimane seguenti: non riporterà gli italiani al voto con il Porcellum, qualunque cosa accada.  Dunque, per avere le elezioni anticipate bisogna prima cambiare le regole del voto. Non sarà una revisione clamorosa, beninteso, perché quella potrà essere fatta solo in seguito alla riforma della Costituzione. Ma un «ritocchino» sì, andando nella direzione chiesta da Napolitano, che nel discorso del giuramento si riferiva alla sentenza della Consulta depositata il 30 gennaio 2008, nella quale si deploravano «gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi». In parole povere, il Porcellum assegna il 55% dei deputati alla prima coalizione, qualunque sia l'entità dei voti conquistati. Col risultato che oggi il centrosinistra, che ha ottenuto il 29,5%, vede raddoppiata la propria rappresentanza alla Camera.  La prima novità da introdurre, allora, dovrà essere la soglia chiesta dalla Consulta e pretesa dal Quirinale. E l'assicella dovrà essere fissata abbastanza in alto. La scorsa legislatura, in Commissione Affari Costituzionali, si era ipotizzato di assegnare il premio di maggioranza alla coalizione vincente solo se avesse ottenuto almeno il 40% dei voti: il valore di riferimento non potrà essere lontano da questo numero. La seconda novità dovrà rispondere alla seconda obiezione avanzata da Napolitano: il Porcellum «ha provocato un risultato elettorale di difficile governabilità». Questo perché il premio di maggioranza al Senato è assegnato su base regionale, il che significa un terno al lotto ogni volta che si va a votare, nonché la quasi-certezza di avere l'aula di palazzo Madama priva di una qualunque maggioranza. La soluzione è stata trovata da tempo: consiste nell'assegnare anche al Senato un premio di maggioranza nazionale, ripartito proporzionalmente tra le diverse regioni. L'articolo 57 della Costituzione, in base al quale «il Senato della Repubblica è eletto a base regionale», è rispettato comunque, e il premio nazionale assicura la governabilità. Anche la terza e ultima richiesta del Capo dello Stato non pare presentare grossi problemi: se i cittadini sono «frustrati» per non aver potuto scegliere gli eletti, basta togliere le liste bloccate e introdurre una qualche forma di preferenze. Cosa sulla quale tutti i partiti, almeno a parole, sono d'accordo (nei fatti assai meno, ma nessuno si prenderà la responsabilità di far eleggere un altro Parlamento di «nominati»). A questo punto la domanda diventa: cosa ci fanno il Pdl e la Lega con un premio di maggioranza legato a una soglia così alta, loro che alle elezioni politiche hanno preso il 29,2% e che adesso, in un momento molto favorevole, assieme a Fratelli d'Italia e al resto del centrodestra sono dati dagli istituti di sondaggio attorno al 35%? L'assicella non resta comunque insuperabile? La risposta si trova nell'altra metà del piano di Berlusconi. Che potrebbe essere chiamato «Ritorno alla Casa delle libertà». Quando verrà il momento di ripresentarsi agli elettori, Berlusconi intende farlo alla guida di una coalizione ben più robusta di quella che lo ha visto sfiorare la vittoria a febbraio. Un'alleanza allargata anche a Scelta civica di Mario Monti e all'Udc di Pier Ferdinando Casini.  Con Monti, ormai l'accordo è fatto: il partitino del Professore è allo stremo e l'unica alternativa alla sua dissoluzione pare essere il ritorno al timone, con pieni poteri, dell'ex premier. Il quale ha già trattato in privato le condizioni dell'accordo con il Cavaliere, uscendone con la convinzione che «Berlusconi è il più bravo di tutti». Quanto a Casini, da quando ha separato propria strada da quella di Berlusconi le ha provate tutte, persino l'accoppiamento con Gianfranco Fini. Non gliene è andata bene una, pure l'alleanza con Monti è terminata. Chi gli ha parlato negli ultimi tempi lo racconta convinto della necessità di tornare sotto l'ala di Berlusconi. La prova del rinnovato amore, del resto, c'è già stata: la figura fantozziana rimediata da Romano Prodi nella votazione per la presidenza della Repubblica porta anche la firma di Casini. Il Cavaliere ha apprezzato molto. E intende stringere la mano tesagli dal figliol prodigo. La Casa delle Libertà, o come si chiamerà stavolta, è pronta a rinascere.    

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