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Epifani, Jekyll e Mr Hyde:ecco le crisi di identitàdel segretario democratico

Guglielmo Epifani

Il sindacalista contro l'uomo di governo: un campione nel dire tutto e il suo contrario. Ma sotto resta un giustizialista ossessionato da Berlusconi

Andrea Tempestini
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Stavolta c'era, hai visto mai che il Landini della situazione lo rimproverasse, Vendola lo esecrasse in rima baciata, la Camusso si facesse rizzare ancor più la chioma ribelle, l'Orfini di turno gonfiasse il fragile torace a significare che lui invece con i lavoratori lo ritrovi sempre, i capi di Cisl e Uil dovessero chiedersi che cavolo ci stavano a fare loro in piazza contro un governo di cui sono contitolari? Hai visto mai dovesse diventare evidente la pochade nella quale siamo finiti, una piece di porte girevoli e gente che entra, gente che esce, tutti al governo, tutti di lotta, nessuno che decida una sola cosa sensata? No, ieri Guglielmo Epifani era in piazza, sempre a fianco dei lavoratori, i garantiti, naturalmente, e chissà se ascoltando la Camusso tuonare sulla revisione dell'Imu, gli è venuto in mente un rapido calcolo sul valore degli immobili della Cgil, lui che li conosce bene, a partire dalla sede megagalattica di Corso d'Italia a Roma. È un pensiero molesto, è come i soldi dei patronati, meglio non soffermarsi.  Una sintesi esemplificativa dello strabismo di Guglielmo Epifani, uomo di lotta e di governo, di sindacato e di partito, socialista e comunista, pardon ex, garantista e giustizialista, conservatore e riformista, in piazza e fuori dalla piazza? Un mese fa quando il Cav, anche lui in giornata di lotta che si alterna a quella di governo, disse che «bisogna che il governo sappia con autorevolezza ingaggiare un braccio di ferro con la Germania di Angela Merkel», e allora l'Epifani riformista, che chiudeva senza aver capito bene dove si trovasse la campagna elettorale di Ignazio Marino, ammise che «da un certo punto di vista, le cose che dice Berlusconi hanno un fondamento», ma poi, come in una giravolta alla Zelig, l'Epifani conservatore aizzato dal giustizialista dissero che «però Berlusconi il braccio di ferro lo ha perso». È un sindacalista della Cgil, bellezza, e tu non puoi farci niente, fa pratica di self service da una vita.  Appena nominato segretario del Pd, doveva dichiarare qualcosa, possibilmente di solidale, sulla manifestazione di Brescia del Pdl con il Cav, quella funestata da contestatori professionisti, quella nella quale c'era ma non si vedeva Angelino Alfano dietro il palco, non c'era, e si vedeva, la polizia a presidiare l'ordine pubblico. Il Cav, disse Epifani senza esitazioni, aveva sbagliato ad assumere un atteggiamento che denuncia «debolezza e non forza», che rischia di «mettere un'istituzione contro l'altra», che rischia di «mettere micce accese sotto al governo», dopo essersi assunto la responsabilità di fare un governo con il centrosinistra. Tanto coerente era la posizione dell'Epifani di governo che, ai rimproveri di Landini, Vendola & c per la famosa assenza in piazza il 13 maggio, rispose come uno statista d'altri tempi: «Il problema» dice «non è stare in piazza, ma ascoltare la piazza e dare alla piazza le risposte». Si vede che nel frattempo l'udito gli ha creato problemi, perché ieri con Camusso e compagni si è affrettato ad allinearsi, dimentico dell'Epifani di governo.  Quello di lotta, puntutissimo, un vero preside di scuola media indignato per l'andazzo degli studenti, ha dichiarato che «il Pd  è a fianco di questa manifestazione di lavoratori unitaria con rispetto e condivisione degli obiettivi di rimettere il lavoro al primo posto ed anche per il ruolo che ha il sindacato in una crisi come questa», subito dopo un sussulto di quello di governo gli ha fatto aggiungere che «far cadere il governo Letta in questa fase sarebbe da irresponsabili». Leggersi il discorso della Camusso e trarne due conclusioni sulla contraddizione, no,eh? Ci sarebbe poi l'Epifani che parla sindacalese puro, e allora si salvi chi può trasversalmente. Sentite questa: «Il congresso del Pd deve partire dal basso, riannodando l'identità politica del Pd, poi verrà il tempo del chi, ma se cominciamo dividendoci solo sul chi facciamo il peggiore servizio possibile all'idea che abbiamo del ruolo del Pd». Non è finita qui: «Il congresso sarà un processo democratico, poi verrà il tempo del chi, se pensiamo solo al chi facciamo il peggior servizio al partito, la contendibilità attraverso le primarie deve essere uno strumento non il fine, altrimenti diventa un problema. Nel partito non ci deve essere contendibilità per forza». Chi è questo chi, che cos'è la contendibilità? Misteri di riti dal linguaggio oscuro. A me Guglielmo Epifani sta cordialmente antipatico, ma non è questo il punto. Il punto è che ha trascorso gran parte della sua vita pubblica nella componente socialista della Cgil, ma già strizzava l'occhio all'altra di componente, tanto che  diventò vice di Sergio Cofferati, quello che schierò la Cgil sulla linea di intransigenza conservatrice che ancor oggi la contraddistingue. Da fedelissimo Ds si guadagnò nel 2002 la segreteria generale della Cgil, e per otto anni il preside ha fatto opposizione a qualsiasi riforma proposta da qualsiasi governo. Epifani è come Bersani,  linea politica socialmente conservatrice, perennemente tentata dal giustizialismo, profondamente antiberlusconiana, innamorata del partito di Repubblica. Questo signore dovrebbe gestire la crisi sempre rinviata di revisione del Pd, che è tutt'uno con quella del Paese, e guidare una base del suo partito nella quale la tentazione della spallata giudiziaria al Cav è fortissima e violenta, verso un approdo riformista?  di Maria Giovanna Maglie

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