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La Consulta boccia l'abolizione delle province: "E' incostituzionale"

Gli ermellini cassano l'unica cosa buona fatta da Monti, la soppressione degli Enti locali. Un mese fa avevano respinto il prelievo dai maxi-assegni

Ignazio Stagno
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"Incostituzionale il taglio e il riassetto delle province" voluto dal governo Monti. La Consulta ha infatti dichiarato l'illegittimità costituzionale della riforma delle Province contenuta nel decreto Salva Italia e il loro riordino, che ne prevede la riduzione in base ai criteri di estensione e popolazione. Insomma gli ermellini hanno bocciato l'unica cosa buona che aveva fatto il governo del Loden. Il Prof aveva annunciato il taglio con orgoglio alla fine del suo mandato. Ma aveva affidato il tutto ad un decreto legge. E qui è cascato l'asino.  Errore tecnico o grande bluff? - Per la Consulta non è materia da disciplinare con decreto legge. Così hanno stabilito i giudici costituzionali. Le province infatti sono enti previsti dalla Costituzione. Il Salva Italia prevedeva, tra l'altro, l'accorpamento di tutte le province con estensione bassa e numero di abitanti inferiore a 300mila. Insomma il problema sarebbe tecnico. Difficile pensare che i professoroni che stavano attorno al Loden non sapessero che le province sono in Costituzione e che, quindi, l'iter legislativo per abolirle avrebbe dovuto essere ben altro rispetto a un decreto legge. Meno tribunali inutili -  Qualcosa però resta di quella proposta montiana. Regge al vaglio della Consulta la riforma della geografia giudiziaria: sono state infatti giudicate infondate le questioni sollevate dai tribunali di Pinerolo, Alba, Sala Consilina, Montepulciano e Sulmona contro la loro soppressione; inammissibile quella del Friuli Venezia Giulia. Solo Urbino si salva. Avremo sempre 100 campanili ma meno toghe in giro (anche se quelle della Consulta, a cadenza regolare, bocciano le proposte dei vari governi). Non toccate le pensioni d'oro - La Consulta, infatti, sembra impegnata in un'opera di "conservazione della Casta". Solo poche settimane fa aveva detto no ai prelievi di natura fiscale che toccano i pensionati titolari di assegni annui superiori a 90mila euro lordi, le cosiddette pensioni d'oro. La stessa Consulta, qualche mese fa, aveva giudicato irregolare anche il tetto agli stipendi nella pubblica amministrazione superiori a 90mila euro. Insomma le toghe guardiane della Costituzione hanno bloccato in poco tempo misure fondamentali per tagliare gli sprechi che affogano il Paese e per recuperare risorse vitali per le casse dello Stato. Il potere di bloccare tutto -  La norma sulle pensioni d'oro avrebbe portato ossigeno al Tesoro. Il decreto legge 98 del 2011 disponeva che dal primo agosto 2011 fino al 31 dicembre 2014, i trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, i cui importi superassero 90 mila euro lordi annui, sarebbero stati assoggettati a un contributo di perequazione del 5% della parte eccedente l'importo fino a 150 mila euro; pari al 10% per la parte eccedente 150mila euro; e al 15% per la parte eccedente 200mila euro. Insomma un contributo allo Stato da parte di chi ha di più. Niente da fare, anche in quel caso è arrivato il "no" secco della Corte che ha giudicato il provvedimento "un intervento impositivo irragionevole e discriminatorio ai danni di una sola categoria di cittadini". Insomma il parlamento e il governo possono anche annunciare decreti, leggi e disegni di legge. Poi tocca agli ermellini affossarli per lasciare ogni cosa al suo posto. (I.S)

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