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Parola di viceministro Pd:"Partito guidato da imbecilli"

De Luca, sindaco di Salerno e responsabile dei Trasporti: "Mi vergogno di sentirli parlare alla tv. Ma chi se ne frega di quando sarà il congresso?"

Peppe Rinaldi
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«Non ho finora incontrato un solo essere umano che mi abbia chiesto quando si farà il congresso del Pd: ma questi a cosa pensano, che fanno, ma di che parlano?». Sentir parlare Vincenzo De Luca e, contemporaneamente, immaginare la faccia del prototipo del dirigente/militante Pd destinatario delle sue invettive, è qualcosa che non ha prezzo. Il sindaco di Salerno, che è pure viceministro alle Infrastrutture nel governo Letta, ha letteralmente demolito con alcuni passaggi piroettanti, un intero partito - il suo - alle prese con il solito psicodramma da fissazione ombelicale o in regime di sedute di autocoscienza: le regole, il congresso, lo statuto, le primarie e liturgie varie, insomma la tipica storia del nulla a giudicare dai risultati sin qui ottenuti nel corso di numerosi cambi di vertice di questi anni. Roba che De Luca conosce a menadito avendovi trascorso quasi tutta la vita conservandosi, però, come raro esempio di «normalità» nonostante tale e tanta militanza. Stavolta è successo a Sapri, in occasione della tradizionale premiazione letteraria estiva dell'altrettanto tradizionale vip del giornalismo italiano. Il premio era il «Carlo Pisacane», il premiato l'ex direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli. Ma la star è stata lui, quello stesso «Vicienz' ‘a funtana» o «Vicienz' ‘a belva», a seconda di chi ti suggerisca il soprannome,  che nel perimetro del capoluogo umilia ininterrottamente destra e sinistra da anni: nel primo caso perché ci pensa lui ad incarnarla (per non dire delle candidature improbabili sin qui contrappostegli), nel secondo per le stesse ragioni espresse a Sapri. Che continuano così: «Voi pensate - ha detto De Luca al cospetto di un pietrificato Mieli - che il fatto che a Salerno abbiamo realizzato il 70% di differenziata sia un merito? In questa Italia è un demerito, a cominciare dal tuo partito (il Pd, ndr) che inizia subito a romperti le scatole». E questo è niente, il piatto forte è in arrivo: «Appena capiscono che rifiuti il principio delle correnti e sei un uomo libero, che detesti la logica di questa demenzialità che sta vivendo il Pd in questo momento...». A parte il «in questo momento» sembra che l'analisi secca e diretta di De Luca non faccia una piega. Poi continua, in un crescendo scoppiettante che si fa irresistibile: «Io mi vergogno di sentire  i tg per non sentire l'imbecillità del gruppo dirigente del Pd, ma chissenefrega quando si farà il congresso del Pd, ma che dicono?». Roba da schiattar dalle risate immaginandone gli effetti, per modalità di espressione e per contenuti: tra l'altro, questi ultimi, condivisibili. E ancora: «Nel Pd vince la selezione in negativo, tutti quelli che trovate nel gruppo dirigente nazionale sono selezionati sulla base di due cose, la produzione di parole (e qui sembra Briatore, ndr) e l'aggregazione ad un carro correntizio. Su mille esponenti nazionali ne troverete al massimo uno in grado di esprimere le esigenze di un territorio». Al netto delle corresponsabilità dello stesso De Luca, in questa tragicomica faccenda del Pd che tiene bloccata l'Italia da un pezzo, vien da domandarsi: gli si può far torto? di Peppe Rinaldi

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