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Fassino, il dramma umano. Telefona a D'Alema, come lo brutalizza Baffino

Giulio Bucchi
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Schiaffi e porte in faccia. Il "pontiere" Piero Fassino, l'uomo incaricato da Matteo Renzi di ricucire i rapporti tra Pd, Mdp e cespugli di sinistra vari, sta rimediando una serie imbarazzante di "no". D'altronde, la missione è quasi impossibile anche per uno come l'ex segretario dei Ds, definito da Renzi "una garanzia". Le sue figure rimediate, però, nei colloqui telefonici riservati con gli esponenti degli anti-Pd, farebbero impallidire il ragionier Fantozzi Ugo nella indimenticabile scenetta della patata in bocca e accento svedese.  A rispedire al mittente le offerte di alleanza del povero Piero, dopo un immaginario "Fassino, è lei?", sono stati Pietro Grasso e Laura Boldrini, e addirittura in pubblico a Porta a Porta il suo vecchio "amico" Pierluigi Bersani. Ma il colloquio che il Corriere della Sera ha definito "glaciale" è stato quello con Massimo D'Alema, che ha liquidato Fassino con un "senti il capo", cioè Roberto Speranza. E che gli ex scissionisti non abbiano molte intenzioni di fare un favore a Renzi, fornendogli una stampella per le elezioni politiche del 2018 dopo averlo silurato, si evince da una sardonica, irridente sentenza: "Fassino si è mosso come fosse il capo dello Stato". Roba che nemmeno i grillini durante le consultazioni nel 2013. 

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