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Ponte Morandi, il retroscena sugli attacchi ai Benetton: perché Salvini ha umiliato Di Maio

Gino Coala
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L'obiettivo finale dovrebbe essere ottenere un nuovo ponte pronto e collaudato entro e non oltre il 2019. Il modo per ottenerlo è sotto gli occhi di tutti, con il repentino cambio di stategia, solo apparente, di Matteo Salvini e dell'intera Lega nei confronti di Autostrade per l'Italia. Gli attacchi mediatici contro il gruppo controllato da Atlantia, con la famiglia Benetton socio di maggioranza, sono durati appena 24 ore. Sin da subito sono partite le minacce da parte del governo sul possibile ritiro immediato della concessioni autostradali, in barba a contratti e pesantissime penali. Era partito lanciatissimo il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, secondo il quale la procedura di verifica delle concessioni poteva già partite. Lo ha seguito a ruota il vicepremier Luigi Di Maio, che aveva addirittura accusato i Benetton di pagare le tasse all'estero, salvo poi essere smentito dai fatti, visto che la società Austrode per l'Italia ha sede a Roma. Salvini ha seguito la linea del governo, finché oggi non ha riportato lo scontro sul terreno più utile per tutti, aprendo uno spiraglio per la riappacificazione con il concessionario in cambio di un "comportamento umano". Le condizioni dettate da Salvini sono state chiare: soldi, subito, spontaneamente, per gli sfollati e per le famiglie delle vittime. Prima che la magistratura si esprima sulle responsabilità, prima che sia più complicato tenere a bada gli alleati di governo che su quelle revoche vogliono andare fino in fondo. Leggi anche: Ponte Morandi, la Lega frena sul ritiro delle concessioni: "Dimostrino umanità" E una prima reazione, come un moto d'orgoglio, in fondo era arrivato da Autostrade per l'Italia, con la garanzia di poter ricostruire il ponte in appena cinque mesi. Una beffa a ripensarci oggi, roba da chiedersi sul perché non ci avessero pensato prima. Il governatore Giovanni Toti, tra i più vicini a Salvini in Forza Italia, ha colto la palla al balzo: "Subito un nuovo ponte entro il 2019, magari non saranno cinque mesi, ma anche entro 12 va bene". E con il sottosegretario ligure ai Trasporti, Edoardo Rixi, l'obiettivo della gamba leghista del governo è stato chiarissimo: "Chi pagherà il nuovo ponte sarà Società Autostrade, chi lo costruirà lo valuteremo". Di sicuro un successo, almeno i leghisti, possono dire sin da ora di averlo portato a casa.

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