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Luigi Di Maio, già inventati tutti i trucchi per fregare il suo reddito di cittadinanza

Matteo Legnani
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Fatta la legge, trovato l' inganno. Luigi Di Maio ha girato le televisioni e inondato i social media per dire che il reddito di cittadinanza non andrà ai furbetti. Peccato che in Italia, paese furbissimo, già da mesi ci sia parecchia gente al lavoro per trovarsi pronta. Pronta ad aggirare i paletti imposti dal decreto e ottenere così i 780 euro promessi dai Cinquestelle in campagna elettorale. Ricordiamo i requisiti. I principali. Il richiedente reddito deve avere: 1) Un Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) inferiore a 9.360 euro annui. 2) Un patrimonio immobiliare, diverso dalla prima casa, fino ai 30 mila euro annui. 3) Un patrimonio finanziario non superiore a 6.000 euro che può arrivare fino a 20mila per le famiglie con persone disabili. Ovviamente deve essere anche senza un lavoro, è obbligato a firmare un patto con lo Stato che gli impone di fare 8 ore di lavoro per il proprio Comune e di valutare un' offerta di lavoro entro 100 km dalla residenza entro il primo anno della misura. Riceverà una carta prepagata anonima - probabilmente la Poste Pay - nella quale saranno erogati mensilmente i soldini. Potrà prelevare, con il bancomat/carta di credito, al massimo 100 euro al mese in contanti. Se non spenderà tutta la cifra accreditata, dal periodo successivo subirà una decurtazione del 10% dell' importo pattuito. Ed ecco i trucchi. Isee - a) Lo scoglio più grosso per incassare è quello dell' Isee. L' autocertificazione comprende tutti i redditi familiari: se il coniuge lavora e incassa oltre 9.360 euro l' anno, 720 al mese, Di Maio non ti dà niente. E allora ecco la gabola: divorziare. In modo che il disoccupato risulti povero in canna. Certamente andare dal notaio ha un costo. Però mille euro di atto, possono valere 36 mesi di paghetta. Un sacrificio che si può fare. b) Meglio ancora se la coppia è semplicemente convivente: basta cambiare residenza, tornare a essere due single, e il gioco è fatto. c) E se c' è un figlio? Se minore va bene, se è grande e lavora, meglio spedirlo (fittiziamente) a casa della nonna, così il capofamiglia disoccupato potrà presentarsi alle Poste o ai Caf sicuro di sè e ottenere la rendita mensile. d) Problema casa. Posto che quella dove si vive non fa testo ai fini fiscali, c' è il rischio che mamma o papà abbiano intestato al richiedente reddito l' immobile. Mai farlo, meglio che il genitore si rimpossessi dell' appartamento e conceda il comodato d' uso dell' abitazione al figlio o alla figlia. Così non si rischia. e) Se però i parenti stretti risultano nullatenenti, allora conviene portarli tutti sotto lo stesso tetto: la tecnica migliore per far ottenere al capofamiglia oltre mille euro mensili. f) Conto corrente. Deve essere basso. Facile: si svuota a fine anno e si riempie ai primi di gennaio. Per evitare rogne comunque meglio operare con le prepagate, quelle sono incontrollabili. Leggi anche: Reddito di cittadinanza, la vergogna grillina: imposrti più bassi (tutti al sud) e briciole ai disabili Zero lavoretti - Mettiamo che la pratica vada in porto. Il beneficiario è sereno. Fino a 36 mesi riceverà un obolo pubblico, attraverso una carta prepagata. Bene. Anzi, male. Deve fare otto ore settimanali in Comune, lavori socialmente utili. Come sottrarsi? Facile, basta farsi fare un certificato medico per i giorni in cui si sarebbe di turno. Di fronte a un problema di salute, come si fa a prendere sanzioni... Spendere - Se il nostro "professionista del divano" è riuscito a evitare di perdere tempo in municipio, può dedicarsi allo shopping. I Cinquestelle pretendono che le spese siano solo legate a prodotti e beni di prima necessità. Il primo mese riempirà la casa di pasta, il secondo di vino, il terzo cambierà le lenzuola, ma al quarto non avrà più tante esigenze, specie se il furbetto ha un impiego in nero. Potrà così, nel tempo libero, andare a fare la spesa per conto di un altro. E farsi pagare per il disturbo: il beneficiario va al supermercato, salda il conto con la sua carta prepagata, e poi si fa dare il corrispettivo meno il compenso in contanti. In teoria, qua ci riferiamo a piccoli delinquenti di professione, il "redditista" avrebbe l' occasione di incassare 700 euro in contanti, mettendosi d' accordo con un negoziante amico che gli vende (per finta) 780 euro di roba. Ottanta euro sono la commissione del complice, ovviamente. Assunzioni - Non è la prima volta che i furboni si mettono d' accordo con un sedicente imprenditore per farsi assumere. A questo giro la torta è ricca: se Pino assume Mario riceve in dote 18 mesi di reddito. I due potrebbero dividersi il compenso da buoni amici. Poi, passato un anno e mezzo, Pino chiude l' azienda e ne riapre un' altra una settimana dopo. Tutto pulito. In proprio - Il governo ha pensato proprio a tutto. Mettiamo che il percettore di paghetta decida di mettersi in proprio. Pronti sei mesi di reddito di cittadinanza come bonus di inizio attività. Ottimo, il beneficiario apre un' azienda, non artigiana altrimenti scattano dei controlli, e dopo un mese può serenamente chiudere, tornare senza lavoro e chiedere di nuovo la mancia allo Stato. Il finto onesto - L' arma segreta però di solito si usa alla fine. Ipotizziamo che un signore del Sud sia in regola con ogni parametro. Partecipi ai corsi in Comune. E purtroppo non riceva offerte di impiego nel raggio di 100 km, né a 250 km da casa. Però al 35 mese di reddito, ecco il miracolo: da Verona arriva una proposta di lavoro. Che fare? Ovvio, si accetta. Il nostro fortunato parte, sta in Veneto un paio di settimane e poi scompare. Malattia. Lunga. Così se ne può tornare a casa. Dopo mesi l' imprenditore lo lascerà a spasso. No problem, il nostro eroe prenderà la disoccupazione. di Giuliano Zulin

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