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Beppe Grillo, dramma M5s: bombardato di cause e assediato dai debiti, perché vuole mollare

Giulio Bucchi
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Che sfortunato Davide Casaleggio. Proprio nel giorno delle primarie online per scegliere i candidati alle europee del 26 maggio, la sua piattaforma Rousseau è stata dichiarata fuorilegge dal Garante della Privacy. «Non garantisce gli standard minimi di segretezza e sicurezza del voto, che è manipolabile dagli organizzatori in qualsiasi momento, senza lasciar traccia». La sanzione è salata: 50mila euro. Da sempre i dissidenti grillini denunciavano l' assurdità di far votare gli iscritti del primo partito italiano sul server privato della società commerciale milanese Casaleggio & Associati. E senza alcuna certificazione esterna, tranne in due casi (le presidenziali 2013 e il voto per un nuovo statuto). Leggi anche: "Cosa voleva vendermi in nero suo padre". Beppe Grillo massacra Di Maio Il Garante avvertiva già da due anni della fragilità di Rousseau. Il rampollo Casaleggio, succeduto dinasticamente al padre Gianroberto dopo la sua morte tre anni fa, aveva assicurato di avere riparato le falle del sistema. Che però qualche burlone hackera allegramente in varie votazioni. E che ora viene giudicato irregolare alla radice. La tegola sul Movimento 5 stelle (M5s) arriva proprio alla vigilia di Sum 2019, che si apre domani a Ivrea: il convegno annuale in cui Casaleggio junior si autoproclama «guru del futuro», giurando però di non essere il capo del M5s con Luigi Di Maio, ma un semplice «tecnico al servizio del movimento». A Ivrea in livrea arriveranno oggi, fra gli altri, Franco Bernabé (ex ad Eni e Telecom, dirigente del club Bilderberg, una volta odiato dai grillini complottisti), Marco Travaglio e l' allenatore Zeman. Sarà dura, questa volta, magnificare le doti di Rousseau («piattaforma per la democrazia unica al mondo«), ma rivelatasi una ciofeca. Qualche grillino ora per disperazione sosterrà che si tratta di una vendetta in extremis del presidente della authority Garante della Privacy, Antonello Soro, ex deputato Pd, in scadenza quest' anno. Ma la multa di 50mila euro rischia di essere nulla in confronto ai 75mila euro di risarcimento danni cui è già stato condannato finora il M5s nelle cause intentate dai numerosi grillini radiati ingiustamente in questi anni. Cifra che aumenterà di molto, perché riguarda solo i primi espulsi: Roberto Motta e Antonio Caracciolo a Roma hanno ottenuto 30mila euro nel 2018, Mario Canino sempre a Roma 22mila euro a gennaio, più sei attivisti napoletani. Nove procedimenti - Ma sono pendenti altre nove cause con una trentina di "vittime" in tutta Italia: due a Palermo con l' ex deputato Riccardo Nuti, una a Genova con Marika Cassimatis, cacciata da Grillo dopo aver vinto le primarie per sindaco, altre due a Napoli con ben 23 attivisti, e altre quattro a Roma. I soldi dovranno tirarli fuori Beppe Grillo e Davide Casaleggio. Ed è questo il principale motivo per cui il comico genovese si è allontanato dalla sua creatura: per non essere travolto finanziariamente dalla gestione autoritaria del movimento fondato nel 2009. Intanto giovedì i Cinquestelle sono stati messi sotto scrutinio in un convegno all' Umanitaria di Milano dall' associazione di giuristi Italiastatodidiritto, presieduta dall' avvocato Simona Viola. Il tema era: «Il M5s crede veramente alla democrazia, o si regge su princìpi non democratici riducendo i suoi 330 parlamentari a semplici portavoce? » Per Fabrizio Cassella, docente di diritto costituzionale all' università di Torino, la risposta è chiara: «I Cinquestelle violano la Costituzione, che all' articolo 67 esclude il vincolo di mandato. Ogni parlamentare rappresenta la Nazione, e per approvare leggi nell' interesse generale dev' essere libero di argomentare, dibattere e negoziare, arrivando assieme ai suoi colleghi a una sintesi che bilanci i vari interessi particolari». Ai deputati e senatori grillini, invece, tocca obbedire a una ferrea disciplina di partito. E chi osa dissentire viene punito con l' espulsione. È capitato a 40 di loro la scorsa legislatura, e ad altri quattro in questa. Il comandante Gregorio De Falco, in particolare, che un anno fa fu l' acquisto più prestigioso nella nuova compagine parlamentare (noto per aver intimato al capitano Francesco Schettino di non abbandonare la sua nave), è stato cacciato a gennaio. Non aveva votato la fiducia sul decreto sicurezza. «Mi rendo conto che difendere il divieto di vincolo di mandato in un Paese di trasformisti non è popolare», ammette l' avvocato Guido Camera, «ma in democrazia la forma è tutto. Possiamo avere idee diverse sul contenuto delle leggi, ma sulle regole del gioco per farle dobbiamo essere tutti d' accordo». E i referendum, caposaldo della democrazia diretta propagandata dai grillini? «Guardiamo alla Svizzera, il loro Paese ideale», ha detto il professor Dino Guido Rinoldi dell' università Cattolica di Milano, «dove lo scorso 25 novembre i cittadini hanno detto no a un quesito che voleva ridurre l' efficacia dei trattati internazionali». Tipico tema sovranista, mentre gli elvetici si sono dichiarati ben felici di sottostare a leggi sovranazionali. «Principio presente nell' articolo 11 della nostra Costituzione: l' Italia consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni». Chi decide? - «In realtà nei referendum la risposta è sempre importante quanto la domanda», ha avvertito Valerio Onida, già presidente della Corte Costituzionale. Chi decide quali argomenti sottoporre a un sì e a un no, e in che forma? Nel caso dei grillini, è sempre la srl Casaleggio, dall' alto, a formulare i quesiti online per i suoi iscritti. Non c' è mai stata una votazione su iniziativa della base. In questo senso una testimonianza preziosa è, dall' interno, quella di Nicola Biondo. Già responsabile della comunicazione dei deputati grillini, Biondo pubblica proprio in questi giorni il suo secondo libro sul M5s: 'Il sistema Casaleggio' (ed. Ponte alle Grazie, con Marco Canestrari): «Il vero padrone del movimento non è mai stato Grillo, ma prima Gianroberto Casaleggio e poi il figlio Davide. Abbiamo così il partito che governa una delle principali potenze industriali del mondo in mano a una società privata. I grillini hanno avuto successo opponendosi al finanziamento pubblico dei partiti e alla Casta dei politici. Bene. Ma ora usano anche loro i milioni pubblici dei gruppi parlamentari e dei loro stipendi per finanziare la società commerciale che li dirige. Insomma, la Casta mantiene se stessa. Almeno prima il finanziamento ai partiti serviva anche per tenerne aperte le sezioni territoriali, palestra di democrazia. Adesso invece c' è solo la piattaforma Rousseau. Che finalmente è stata giudicata per quel che è». di Mauro Suttora

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