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Lega fatta fuori dalle toghe: il retroscena dal cuore del Pd. Via d'uscita? Solo l'imbroglio

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Caterina Spinelli
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I Cinque Stelle, il Pd, gli ultrasinistri di Liberi e uguali, i tedescofoni della Südtiroler volkspartei, qualche anima persa come Pier Ferdinando Casini. Chi dottoreggia sul disgusto degli italiani nei confronti della politica dovrebbe raccogliere le supercazzole sparate nelle ultime ore da quest' accozzaglia, mobilitatasi per impedire l' esercizio democratico del voto. Le ragioni dell' astensione e del disprezzo crescente per i politici sono riassunte tutte lì dentro, nella neolingua con cui costoro cercano di imbellettare un progetto di spartizione di poltrone tra forze abituate a scambiarsi insulti tipo «avete la faccia come il culo» (Alessandro Di Battista a Maria Elena Boschi e Matteo Renzi). E ora intente a brigare insieme: se nel 2022 il Quirinale lo prendiamo noi, quanti consiglieri Eni ed Enel volete in cambio? Siccome non possono spiegarla agli elettori così, e nemmeno con il terrore di vedere i seggi aperti (la Lega è al 38% e assieme a Forza Italia e Fdi sfiorerebbe il 53%, i grillini continuano a scendere e il Pd resta inchiodato al 23%), s' inventano le suddette supercazzole. Tipo quella partorita dall' ex veltroniano Goffredo Bettini, che ha invocato «un governo politico di legislatura basato su una profonda riflessione politica». Cosa ci sia da riflettere non lo sa nemmeno lui, ma Dario Franceschini e Maurizio Martina si sono subito spellati le mani per applaudire alla «intelligenza» della proposta. Nicola Zingaretti ha annunciato che è giunto il momento di «allargare le forze» e Renzi si è compiaciuto perché «il Pd ha decisamente aperto all' accordo» con i Cinque Stelle. Renzi Matteo, cioè quello che il 7 luglio 2019 ha promesso che «mai» sarebbe rimasto in un Pd che avesse stretto accordi con il M5S. «Mai. Può dirlo forte, scrivetelo anche in grassetto», garantiva tronfio. Appunto. Quanto a Luigi Di Maio e i suoi, sono sempre quelli che dopo le elezioni del 2018 avevano cercato per settimane un' intesa di governo con il Pd. Lega o progressisti, per loro, pari sono, purché garantiscano l' accesso alla mangiatoia. Il resto lo raccontano i numeri e gli intrighi del parlamento. Insieme, pentastellati e dem arrivano a 158 senatori: meno della maggioranza assoluta dell' aula, per la quale ne occorrono 161. Significa che dovranno caricare a bordo un po' di peones. Il voto di ieri su quando calendarizzare la mozione di sfiducia a Giuseppe Conte ha dimostrato che c' è chi s' offre. I senatori della Svp hanno votato insieme a Cinque Stelle e Pd, facendo capire che non disdegnerebbero di far parte della santa alleanza antisalviniana. Alla quale appartiene di diritto Liberi e uguali, la microsigla di Pietro Grasso, rappresentata a palazzo Madama da lui e altri tre. E Casini sta con Renzi, cioè con tutti loro. I NUMERI Quest' armata Brancaleone ieri si è compattata per guadagnare tempo, che userà per cercare un accordo. Come ha commentato l' ex sindaco di Firenze, «il tabellone del voto del Senato ci dice che la maggioranza c' è». E in effetti le lucine rosse, quelle dei senatori contrari a ridurre all' osso i rituali parlamentari della crisi di governo, malgrado le assenze sono state proprio 161. Certo, fare un governo che decida su economia, sicurezza e immigrazione è molto più complicato. Una cosa è votare per rimandare il più in là possibile la discussione della sfiducia a Conte e un' altra scrivere insieme un programma e una squadra di ministri. Senza dubbio Grasso e compagni pretenderebbero una bella sterzata a sinistra. Ma con Di Maio, favorevole alle statalizzazioni, e i compagni del Pd, i presupposti per una ricetta condivisa a base di spesa pubblica e imposte patrimoniali ci sono tutti. QUALCHE NOBILE PRETESTO A conti fatti, si tratta di trovare qualche nobile pretesto per convincere gli elettori che quelli con «la faccia come il culo» e i «complici di Salvini» hanno compreso i loro sbagli e sono diventati persone degnissime, assieme alle quali governare sarà una gioia. Anche così, però, il piano è incompleto. Tutti sanno che un obbrobrio come quello che hanno in mente regalerebbe al capo della Lega «uno spazio immenso» (Zingaretti dixit). Basta pensare a ciò che accadrebbe nei sondaggi qualora le navi delle ong ricominciassero a scaricare immigrati nei nostri porti. La speranza di tanti di loro è allora che l' ultimo tassello dell' ingranaggio lo metta qualche pm consapevole della gravità del momento. L' unico modo per impedire che dall' opposizione Salvini guadagni ulteriori consensi, infatti, è la sua eliminazione per via giudiziaria. Un sogno, per ora. di Fausto Carioti

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