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Toni Iwobi accusa la sinistra: "Se l'africano è un leghista puoi insultarlo dandogli del neg**"

Davide Locano
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Al contrario di molti dei suoi colleghi sia di destra che di sinistra, il senatore di origini nigeriane Toni Iwobi, 63 anni d' età, da 42 in Italia, non è uno che se la tira poiché ritiene che, essendo stato votato dal popolo, al popolo risponde, senza mai sottrarsi. Cosa di cui tutti coloro che rivestono determinati ruoli dovrebbero restare memori: il sedere sulla poltrona vi ha concesso di mettercelo la gente. Leggi anche: Vittorio Feltri: "Vi svelo chi è davvero Toni Iwobi" «Preferisco essere populista, come mi definiscono, che dalla parte della casta. Del resto, se non ci fosse il popolo, non esisterebbe neppure la nazione», ci dice Iwobi, residente da decenni nelle valli bergamasche dove sgobbando senza sosta è riuscito a farsi strada. «Fondamentale il sostegno di mia moglie. Abbiamo faticato insieme», puntualizza. È cortese, Toni, come soltanto un vero gentiluomo può essere, il che purtroppo stupisce in un mondo dominato dalla cattiva educazione. Qualche giorno fa, sapendo che desideravo intervistarlo, il senatore mi ha fatto avere il suo numero, che ho composto senza successo. Dopo qualche ora mi ha contattata: si scusava, poiché sarebbe stato immerso negli impegni fino a lunedì prossimo, quando ci saremmo potuti sentire. E poi ieri mattina ho appreso con disappunto circa il suo sfogo su Facebook. Il senatore, in un lungo post corredato da immagini fotografiche che attestano quanto dichiarato, ha denunciato gli insulti che riceve ogni dì sui social network. «Buongiorno Amici. Ecco a voi solo alcune delle dimostrazioni di intolleranza e di razzismo che arrivano contro di me dai cosiddetti "antirazzisti": da quando sono stato eletto senatore, ho dovuto sopportare di tutto e di più da loro, di essere chiamato Zio Tom, di essere definito come il nero di Django, di essere chiamato "negro da cortile" da coloro che politicamente non la pensano come me, come se non avessi una libertà di pensiero. La rabbia di queste persone mostra odio e intolleranza», ha scritto Iwobi, che milita nella Lega da oltre 25 anni. Questi ha poi continuato specificando che «nessun giornale ha mai avuto interesse a segnalare questi episodi di razzismo». Peccato, perché Libero, che non giustifica la violenza in base ai soggetti a cui è indirizzata ritenendola sempre inaccettabile, non si sarebbe sottratto al dovere di rendere noto il fatto che il senatore Iwobi, scuro di pelle, soltanto perché leghista viene deriso e ingiuriato da coloro che si professano tolleranti, buoni, antirazzisti e antifascisti. Ecco perché, prontamente, abbiamo fatto sapere al senatore che avremmo voluto raccogliere e raccontare il suo disagio piuttosto che leggerlo su Facebook. ADDOLORATO «Mi dispiace, lei ha ragione, avrei potuto parlarne nel corso dell' intervista di lunedì prossimo, tuttavia era tanta la rabbia da cui sono stato assalito. Ho agito d' impulso, dopo avere taciuto questa situazione troppo a lungo», ha spiegato Iwobi, sinceramente dispiaciuto. E poi ha continuato: «Sono addolorato. Sto vivendo in prima persona, mio malgrado, la meschinità della sinistra, la quale, quando una verità non le conviene, la tace. Tuttavia, occorrerebbe usare il buonsenso, condannando ogni tipo di intolleranza». "Negro-verde", "negro asservito", "manichin", sono alcuni degli epiteti che gli odiatori della Lega, considerata partito disumano poiché chiede che il fenomeno dell' immigrazione di massa venga regolato ed arginato, rivolgono a Iwobi. Eppure se siamo noi giornalisti ad utilizzare il termine "negro" ci becchiamo la censura o la sospensione. "Negro" in senso spregiativo si può pronunciare, non scandalizza nessuno, ammesso che ci si riferisca al parlamentare nero del Carroccio. Allora il razzismo è ammesso, valido e legittimato. Eppure Toni non ci sta: «La lotta contro il razzismo non deve essere strumentalizzata da una parte politica contro chi chiede semplicemente il rispetto delle regole e dei confini. Il razzismo non ha colore politico: giudicatemi per le mie idee (magari dopo avere ascoltato quello che ho da dire), ma non per il colore della mia pelle. E se avete qualcosa da comunicarmi, o qualche critica da muovermi, anziché fare i leoni da tastiera, ricordatevi che sono sempre pronto al dialogo e all' incontro», ha scritto ai suoi detrattori. VENDITORI DI FUMO Non sono tanto le parole a ferire il senatore, quanto «la grettezza dei cosiddetti radical-chic, i quali demonizzano Salvini ed i leghisti tutti dipingendoli come fossero diavoli». Quanto al fenomeno migratorio, Iwobi non ha dubbi: «gestirlo ponendo dei paletti è compito della politica. Non è possibile accogliere centinaia di migliaia di persone illudendole che qui troveranno un' esistenza migliore. Inoltre ritengo che sia un dovere della nostra classe dirigente occuparsi innanzitutto delle problematiche degli italiani, prima che di quelle dei cittadini di altri Paesi». Secondo Iwobi, quello che viene chiamato "razzismo" non è altro che «un sentimento di stanchezza e saturazione» avvertito dagli abitanti della penisola, il quale è «il risultato della pessima politica migratoria di cui sono stati autori i partiti di sinistra, abili venditori di fumo che non hanno a cuore le sorti delle classi più umili». di Azzurra Barbuto

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