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Matteo Salvini, il piano per salvare Ilva e cacciare il governo: Libero vi svela come si prende l'italia

Davide Locano
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La tragedia dell'Ilva, almeno, ci ha insegnato due cose. La prima è che il problema dell' Italia non è il fascismo risorgente, come a sinistra vogliono far credere, bensì la deindustrializzazione. La seconda è che il governo, dinanzi a simili emergenze, è la malattia della quale pretende di essere la cura. Giuseppe Conte si è presentato agli operai di Taranto con la cassetta degli attrezzi vuota non per colpa del destino cinico e baro, ma a causa della tara genetica del suo esecutivo, nato da forze concordi sulla necessità di non tornare ad elezioni e divise su tutto il resto. La politica industriale e il caso Ilva, per l' appunto, fanno parte del vasto «tutto il resto». Leggi anche: "Paese spacciato": la cupa profezia di Giancarlo Giorgetti Tra i democratici sopravvive un residuo della cultura operaista del vecchio Pci, i Cinque Stelle hanno il culto primitivo della decrescita e demonizzano il profitto, senza il quale non esistono imprenditori privati né operai. E statalizzare, come chiedono il M5S e i compagni della Cgil, non si può, perché i soldi per riportare l' Ilva sotto il controllo del Tesoro e caricarla sul groppone dei contribuenti non ci sono. Figuriamoci se alla lista si aggiungono l' Alitalia e la Whirlpool di Napoli. Con questa maggioranza la paralisi è l' unico esito possibile. C' è una sola strada per uscire dal pantano, ed è quella indicata da Matteo Salvini. Primo: niente statalizzazione. «Io l' ex Ilva non la nazionalizzerei, perché poi chi paga?». I contribuenti, appunto. Il leader della Lega che si ricorda dell' esistenza del vincolo di bilancio è una bellissima notizia: lo avesse fatto prima di sottoscrivere il reddito di cittadinanza grillino, oggi staremmo tutti meglio. SEMPLICE BUONSENSO Secondo: pacta sunt servanda, gli accordi con gli investitori si rispettano. Lo Stato italiano aveva promesso agli azionisti e ai manager di Arcelor Mittal l' immunità dalle leggi penali in materia ambientale, per il periodo necessario a mettere a regola l' impianto. Un impegno dettato dal buon senso, giacché nessuno sano di mente accetta di rischiare il carcere per una situazione ereditata, di cui non è responsabile. Fatto il nuovo governo e messa la Lega all' opposizione, i Cinque Stelle ci hanno ripensato, e il loro voltafaccia ha dato alla multinazionale un buon motivo per chiamarsi fuori dall' operazione. «Al di là dell' Ilva», ha detto il capo del Carroccio, «un governo e un Paese che cambia i contratti firmati non è un bel segnale alle imprese di tutto il mondo». Chi è disposto a puntare i propri soldi su un tavolo dove le regole mutano a gioco in corso, appena arriva un nuovo croupier? Così, i deputati della Lega ieri hanno presentato gli emendamenti al decreto fiscale per reintrodurre lo scudo penale, in modo da onorare l' impegno e togliere ogni alibi ad Arcelor Mittal. Terzo punto indicato da Salvini, l' unità nazionale. Non su tutto, ci mancherebbe. Però su quello che può servire ad arrestare la fuga di imprese e capitali e difendere l' occupazione, sì. Iniziando proprio dall' Ilva. «Siamo pronti a sostenere eventuali decreti che il governo porta per salvare i posti di lavoro», ha assicurato il leader leghista. Perché «quando ci sono in ballo migliaia di operai non c' è maggioranza o opposizione che tenga». È una posizione doverosa: se il prezzo per la collettività è così alto, chi sta all' opposizione e punta a governare il Paese non può speculare sulle disgrazie della maggioranza. Ma è pure un tentativo di introdursi nella crepa che si è aperta dentro al governo. LE PROPOSTE Proposte simili a quelle leghiste le hanno presentate i deputati di Italia viva, il partito di Matteo Renzi. Due emendamenti: uno ripristina lo scudo penale per Arcelor Mittal a partire dal 3 novembre, l' altro garantisce l' immunità a tutte le imprese impegnate nella bonifica di impianti in situazioni analoghe. Sulla stessa posizione si ritrovano Forza Italia e Fratelli d' Italia. Ed il Pd è tentato di unirsi al gruppo. Il centrodestra è unito, quindi, e non è solo. Ricorda qualcosa? Massì, il «partito delle olimpiadi» che a giugno ha visto la Lega, il Pd, Forza Italia e Fdi esultare insieme per l' assegnazione dei Giochi del 2026 a Milano e Cortina. Tutti tranne i Cinque Stelle, che sono pur sempre il primo partito in Parlamento. Solo un' intesa tra gli alleati di Luigi Di Maio e i suoi avversari può produrre qualcosa di buono per i lavoratori dell' Ilva e delle altre imprese in crisi, e Salvini l' ha capito per primo. Se le cose andassero così, Conte dovrebbe dichiarare fallita la propria missione e salire al Quirinale per dimettersi. Per questo Pd e M5S proveranno sino all' ultimo a trovare una soluzione comune. Serve però qualcosa di serio, non un accordicchio al ribasso come tutti quelli che hanno fatto sinora e che ci hanno portati al punto in cui siamo. Non è detto che ne siano capaci. di Fausto Carioti

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