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Fioramonti, "Non ho più coperture politiche". Ma molti gli rimproverano di non essersi battuto per i fondi

Marco Rossi
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La freddezza con cui il premier Conte lo ha salutato all'ultimo Consiglio dei ministri gli ha restituito i tempi in cui, assegnista di Scienze politiche all'Università di Bologna, Lorenzo Fioramonti portava avanti le sue ricerche scrivendo sul portatile personale, seduto su una panca in corridoio: "Nessuno mi prendeva sul serio, figuriamoci se qualcuno mi dava un ufficio. Ero uscito con il massimo dei voti alla Maturità, mi ero laureato con la lode, ero pure dottorato, ma l'unica volta che i professori del Dipartimento mi avevano avvicinato era stata per chiedermi di non partecipare a un concorso per ricercatore. Quei posti erano già assegnati". Lorenzo Fioramonti i tre miliardi per scuola e università li aveva chiesti che era ancora il vice di un titolare dell' istruzione leghista, suo primo nemico allora. "Con il mio curriculum faccio il secondo di Bussetti, un professore di ginnastica", scrive Repubblica in edicola venerdì 27 settembre. L'asticella, si è capito subito, era troppo alta: l'Iva da sterilizzare, gli spiccioli rimanenti da mettere sul cuneo fiscale. Non poteva essere questo il governo che avrebbe cancellato l'ottusa parsimonia negli investimenti sul motore di un Paese: "Università e ricerca costruiscono il futuro di tutti noi", ha scritto nel suo post di addio su Facebook. Poi, però, non è andato a difendere le sue richieste ai "tavoli quotidiani": le tante riunioni sulla manovra, le commissioni di Camera e Senato. Ha lasciato che a suggerire emendamenti fossero deboli docenti d'area grillina. "Non abbiamo mai percepito un pressing sulle questioni avanzate", fanno notare ora al ministero dell'Economia.

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