Gianluigi Paragone vuole portare Luigi Di Maio in tribunale: "Il codice etico mi dà ragione"

di Gabriele Gallucciodomenica 12 gennaio 2020
Gianluigi Paragone vuole portare Luigi Di Maio in tribunale: "Il codice etico mi dà ragione"
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Gianluigi Paragone lo aveva annunciato subito dopo l'espulsione dal M5S decretata a Capodanno dai probiviri: «Farò ricorso e se mi gira mi rivolgerò anche alla giustizia ordinaria». Ieri è arrivata la conferma: «Ho conferito il mandato al mio avvocato, Eugenio Piccolo», ha detto il senatore conversando con l'agenzia Adnkronos, «e Lorenzo Borrè (legale "storico" degli espulsi pentastellati, ndr) ci darà una mano molto volentieri. Ho fatto il ricorso davanti al collegio dei garanti. Poi, se dovesse venire rifiutato, a quel punto impugnerò l'espulsione davanti al giudice ordinario chiedendo una procedura d'urgenza». Per approfondire leggi anche: Il retroscena su Paragone e Di Batista L'ex conduttore de "La Gabbia" si dice sicuro di «aver fatto quello che dovevo fare, e visto che sollevo anche l'incompatibilità della formazione del collegio dei probiviri, voglio il rispetto delle regole fondamentali dei contenziosi. Siccome mi si contesta di avere negato la fiducia al governo, non possono essere membri del governo a giudicarmi. Ho firmato per il rispetto del programma M5S. Il codice etico mette il programma davanti a ogni altra cosa». Paragone sfida quindi apertamente il capo politico grillino Luigi Di Maio: «Se l'ho sentito in questi giorni? No, è parte in causa, non è in grado di reggere il confronto con me. Il casino lo ha combinato Di Maio, è lui che ha dato l' ordine di espellermi». Zero contatti anche con Beppe Grillo e con Davide Casaleggio: «Ma Davide», precisa Paragone, «non c'entra nulla in tutta questa storia». «Perché non chiediamo agli iscritti cosa pensano della mia espulsione?», si chiede infine. Per poi riservare a Di Maio un'altra stoccata: «Oggi vale il codice pomiglianese...». Carte alla mano, Paragone si appella al codice etico del Movimento: «Dà ragione a me, è lì che vinco. Il codice obbliga gli eletti a rispettare il programma e ad astenersi da qualsivoglia atto che ne impedisca la realizzazione». Per quanto riguarda la fiducia, che il senatore ha negato al governo in occasione dell'approvazione della legge di bilancio, in base al codice etico i parlamentari grillini sono tenuti «a votare la fiducia, ogni qualvolta ciò si renda necessario, ai governi presieduti da un presidente del Consiglio dei ministri espressione del Movimento 5 Stelle». Ma, obietta Paragone, «Conte non è espressione del M5S, è stato indicato dal Movimento ma non è espressione del Movimento. Del resto uno che vuole il Tav in Val di Susa non può essere espressione del M5S». Al collegio dei garanti pentastellati «chiedo il reintegro. Se dovessero negarmelo, vedrò cosa fare», è la conclusione. Gelido il commento di Stefano Buffagni, viceministro allo Sviluppo economico e uomo tra i più vicini a Di Maio: «Paragone fa la star, e quindi si divertirà lui». di Armando Moro

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