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Matteo Salvini, la crisi di governo? Il ruolo chiave di Giorgetti, così approfitta dei guai di Conte e Renzi

Giulio Bucchi
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Matteo Salvini si getta con voluttà nella "crisetta" (copyright renziano) dei giallorossi aperta dal conflitto tra il Partito democratico e Italia Viva. Il capo della Lega ha capito che nel Pd è scattata l' ora X per piegare Matteo Renzi oppure andare al voto. Il segretario Nicola Zingaretti è stato chiaro al riguardo: una crisi di governo equivale a un collasso della legislatura. E Salvini è appunto lì, sulla riva del fiume, ad attendere con lo spadone di Alberto da Giussano ben rinfoderato e la grisaglia indosso. Come a dire: noi siamo pronti, sia ad assumerci le nostre responsabilità rispetto a un eventuale appello quirinalizio per un accordo di sistema (leggi: governo del presidente, con chi ci sta, intorno a una figura "irrinunciabile") sia - e meglio ancora - a presentarci agli elettori dopo uno scioglimento anticipato delle Camere, con la prospettiva di fissare la convocazione delle urne prima che entri in vigore il taglio dei parlamentari (il referendum confermativo è previsto per il 29 marzo). Leggi anche: "Voteremo la fiducia". Dietrofront Italia Viva, crisi evitata? Alt: la verità dietro questa mossa Troppa grazia, dunque, di fronte alla quale l' ex ministro dell' Interno ieri ha avuto buon gioco a filosofeggiare assieme al suo braccio destro Giancarlo Giorgetti. I due si sono presentati davanti alla stampa estera con il cipiglio degli oppositori maturi e la gravitas degli statisti in assenza di alternative. Queste le parole più importanti di Salvini: "Conto che si possa votare entro quest' anno Ormai a criticare l' Europa non siamo più solo noi euroscettici, ma anche popolari e socialisti. Non siamo noi ad aver fatto inversione a U. Tuttavia la nostra priorità non è uscire da qualcosa, ma la crescita economica". Eloquente, per quanto scontata, l' aspirazione a riaprire i giochi entro il 2020; quanto al resto, il messaggio è in continuità con l' euroscetticismo di sempre ma segnala pure una netta rottura con ogni ipotesi d' Italexit: se la Lega torna al potere, euro e Unione continentale non si sbaraccano. L'evocazione di Draghi - Se possibile, ancor più significative sono state le considerazioni felpate di Giorgetti, ufficiale di collegamento con l' establishment e tessitore di strategie intonate al realismo istituzionale. L' ex sottosegretario ha ripetuto che "il governo non può vivere di stallo così non può andare avanti"; dopodiché ha ringraziato Mario Draghi "per avere lavorato al limite di quello che i trattati gli consentivano". Il riferimento all' ex governatore della Banca centrale europea vale più di mille sonanti proclami di battaglia: sia pure in modo indiretto e allusivo, com' è nello stile del pescatore fatalista Giorgetti, la citazione rievoca la sua profezia autunnale su un incipiente governo tecnico con Draghi a Palazzo Chigi. È un pensiero ancora indicibile e fragoroso che irrompe su una maggioranza ridotta anzitempo al rango di natura moribonda con macerie sparse. Se questo dovesse essere l' esito dello stallo, ogni partito dovrebbe affrettarsi a ricombinare tattiche e strategie. Dal Pd che si sta vedendo scippare da Renzi la titolarità del buon senso garantista ai Fratelli d' Italia che personificano in solitudine il principio di coerenza e non contraddizione, e che rischierebbero di finire all' opposizione di un governissimo assieme ai Cinque stelle. Roba da capogiro. In ogni caso, per come si stanno mettendo le cose nel Conte bis, il fronte sovranista si muoverebbe in una logica ordinariamente definibile come "win-win": non soltanto potrebbe essere il perno di una svolta finalizzata a depoliticizzare la crisi politico-finanziaria attraverso un breve interregno tecnico (giusto il tempo di portare Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale? Why not, ha già risposto Salvini), ma al tempo stesso terrebbe in mano le chiavi di casa del fine legislatura. Tormenti democratici - Tutto ciò, sempre ammesso che dalle parti di Zingaretti non prevalga il lodo Andrea Orlando: consolidare quanto prima il nuovo assetto bipolare annettendo l' elettorato grillino e sfidando in campo aperto le destre. L' intento ha un suo raziocinio e obbedisce a una logica decisamente più solida di quella che anima le cogitazioni notturne del premier. Lui coltiva ancora il sogno di raggrumare qui e là e imbarcare con sé una truppa di parlamentari vagabondi, sufficienti a estromettere la robusta pattuglia di Italia Viva, in modo da riorientare l' asse della maggioranza e rimpannucciarne in forma più coerente le fila. Ma a questo punto è poco realistico immaginare che un manipolo d' illusi abbandoni Forza Italia per precipitarsi in soccorso di un cadavere politico. Sui pentastellati è più difficile fare previsioni fondate sulla logica binaria, ma anche nel loro caso vale il medesimo ragionamento. Sull' intero paesaggio trasformista, infine, graverebbe lo scetticismo pensoso del capo di Stato. Ergo? Se la crisetta determinata dalla «opposizione aggressiva e maleducata dei renziani» - parole del presidente del Consiglio - non produrrà a breve tempo uno sconfitto e una conseguente resa senza condizioni al diktat postcomunista di cui Conte si è fatto ventriloquo, tutto diventerà possibile. E in questo nuovo scenario carnevalesco incombe sempre lui, Salvini, in veste di statista e con le armi del consenso puntate sul cuore del Palazzo. di Alessandro Giuli

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