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Il Pd rifà le province: le occupa anziché abolirle

Pisapia e Fassino

Vi spieghiamo la furbata dei democratici, le "città metropolitane": ecco come continueranno a comandare (e a sprecare) nei loro feudi

Giulio Bucchi
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La presunta lotta del Pd contro la Casta serve soltanto a un gioco politico che potrebbe tornarle utile. La sinistra vuole infatti abolire le Province al fine di sistemare i sindaci rossi dei grandi Comuni – future Città metropolitane – al posto degli attuali presidenti di Provincia. Nel decreto Delrio, meglio noto come «svuota-Province» e approvato alla Camera due giorni fa, è prevista «la coincidenza obbligatoria tra sindaco del comune capoluogo e sindaco metropolitano», nonché l'assenza di elezioni per designare quest'ultimo.  Al momento, i nove Comuni che dovranno diventare Città metropolitane (Milano, Torino, Genova, Roma, Napoli, Bari, Firenze, Bologna e Venezia) sono tutti amministrati da sindaci di centrosinistra. Ciò significa che, se il disegno di legge passasse anche al Senato, i sindaci rossi potranno riciclarsi automaticamente come sindaci metropolitani, restando in carica fino al 2017 e finendo per controllare un territorio molto più ampio di quello da loro amministrato al momento. Sarebbe il caso di Pisapia, che prenderebbe il posto dell'attuale presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà, di centrodestra, senza passare dalle urne. O di Luigi De Magistris e Marco Doria che di colpo, senza il consenso dei cittadini, si ritroverebbero a controllare rispettivamente le aree provinciali di Napoli e Genova, sostituendosi agli attuali amministratori (Antonio Petangelo, di Forza Italia, nel primo caso, il commissario prefettizio Giuseppe Piero Fossati nel secondo). Sarebbe singolare anche la posizione di Piero Fassino che, da sindaco di Torino, verrebbe promosso a sindaco metropolitano, scaricando così il presidente della Provincia nonché presidente dell'Upi Antonio Saitta, tra i più strenui avversari della riforma Delrio. Palesemente iniqua appare anche la situazione di Bari, dove il Pd, pur con un Emiliano a fine mandato, potrebbe sfruttare il consenso avuto dall'ex sindaco nel capoluogo per eleggere un sindaco metropolitano di sinistra, al posto dell'attuale presidente di Provincia, il berlusconiano Francesco Schittulli.  L'eliminazione delle Province, d'altronde, non produrrebbe benefici economici. Come ha sottolineato Renato Brunetta, la soppressione degli enti provinciali garantirebbe un risparmio pari soltanto a 100 milioni, ovvero il costo delle mancate elezioni. Secondo Saitta, invece, il provvedimento «non solo non produrrà risparmi, ma porterà a un aumento della spesa pubblica e a un proliferare di enti strumentali e agenzie regionali». L'abolizione di questi enti andrebbe peraltro in controtendenza rispetto all'effettiva volontà dei cittadini. Come dimostra una recente indagine Ispo, tre italiani su quattro sono orgogliosi delle proprie Province e solo il 15% ritiene prioritario abolirle. Le ragioni di questo legame riguardano l'immagine positiva che le Province trasmettono, in quanto non tassano (a parte l'Rc auto e l'imposta per il passaggio di proprietà delle auto), sono meno soggette a scandali e garantiscono servizi di sostegno allo studio, al lavoro e alle fasce  più deboli. Ne è un esempio la Provincia Bat che ha recentemente stanziato 2 milioni di euro per finanziare famiglie disagiate, fornire borse di studio e lavoro a giovani e disoccupati, e assicurare un fondo di garanzia per le start up di impresa. «Un progetto storico, in grado di soddisfare le esigenze dei cittadini, pur in tempi di crisi», lo ha definito il presidente della Provincia Francesco Ventola (Fi).  Considerando infine che il decreto Delrio è stato bocciato preventivamente dalla Corte dei Conti, per vie delle «basse possibilità di risparmio per gli enti» e il «rischio di confusione amministrativa nell'indefinito periodo di transizione», questo progetto di abolizione delle Province si presenta inutile dal punto di vista economico e dannoso dal punto di vista burocratico, oltreché fazioso e antidemocratico dal punto di vista politico. Su questa base, forse non sarebbe male se il 2014 portasse alla bocciatura del disegno di legge, autorizzando il rinnovo delle 52 amministrazioni provinciali previsto per la prossima primavera.  di Gianluca Veneziani

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