Un editoriale su Matteo Salvini come possibile leader del centrodestra. Lo firma Michele Brambilla su La Stampa. Un'analisi feroce contro il segretario della Lega che - scrive Brambilla - "è l'unico a destra a poter dire di aver vinto" nonostante nessuno prima delle elezioni non gli desse molto credito. Prima di tutto - argomenta - perché la Lega arrivava alle elezioni "a pezzi" e pareva "un'armata in disarmo" dopo gli scandali della primavera scorsa. "L'immagine del partito che girava era quelle delle lauree false in Albania e delle mutande verdi". Le carte di Matteo - Non sembrava possibile che Salvini potesse riuscire nell'impresa di risollevare le sorti perché, sostiene Brambilla, di lui si ricordavano le mutande verdi e la proposta di separare gli italiani dagli stranieri sui mezzi pubblici. Non solo. A giocare contro di lui c'è il look che non nasconde il suo passato da leoncavallino..."Eppur quest'uomo ha condotto la Lega al 6,2% quanto tutti o quasi la davano sotto il quorum del 4; portandosi a casa un bottino personale di 387mila preferenze". Secondo l'editorialista de La Stampa Salvini ha "saputo dare al popolo leghista una sferzata storica cambiando l'obiettivo finale: non più la secessione ma l'uscita dall'euro". Il nemico quindi non è più il Sud ma Berlino. Le quattro ragioni - Nonostante questi meriti, secondo Brambilla Salvini non può diventare leader del centrodestra riunificato almeno per quattro motivi. Il primo, più evidente, è che Berlusconi non accetterebbe un ruolo da subalterno, il secondo riguarda gli elettori del centrodestra che farebbero fatica a riconoscersi con una linea che prevede l'alleanza con Marine Le Pen. Il terzo motivo è che il suo cavallo di battaglia, l'uscita dall'euro, non potrebbe durare a lungo perché al momento di decidere l'uscita dalla moneta unica molti potrebbero tirarsi indietro. E poi perché ha portato solo il 6% non certo percentuali bulgare. Infine c'è la "questione meridionalie": quanti voti potrebbe prendere al Sud? "Forse qualcuno si è già dimenticato che Salvini, a Napoli, non più tardi di un mese fa è stato impedito di parlare.