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Silvio Berlusconi racconta l'incontro con Amedeo Franco: "Uomo tormentato, temeva le ritorsioni"

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“Quando mi hanno detto che voleva vedermi, la cosa mi ha stupito ed anzi contrariato”. Silvio Berlusconi scrive una lettera a Il Riformista per affrontare la questione della registrazione audio in cui Amedeo Franco, giudice nel processo Mediaset contro il Cav, definì la sentenza “un plotone d’esecuzione”. In realtà il leader di Forza Italia non desiderava riaprire “in nessun modo” una vicenda che “mi aveva profondamente ferito sul piano umano prima ancora che su quello pubblico”. E così l’incontro con il magistrato è avvenuto perché “alcuni amici e collaboratori mi convinsero a riceverlo: insistettero sul dovere che avevo di fare tutto il possibile per fare chiarezza su quella vicenda, nei confronti dei tanti che non avevano mai smesso di credere in me, nelle mie idee, nel mio onore di cittadino, di imprenditore e di politico”.

Berlusconi ricorda di essere rimasto molto colpito da quell’incontro con Franco a Palazzo Grazioli: “Era una persona molto diversa da quella che mi aspettavo, era un uomo tormentato da una grave crisi di coscienza. Un uomo combattuto fra la sua onorabilità di magistrato, il dovere di servire la legge e le legittime preoccupazioni per le ritorsioni che avrebbe potuto subire da parte di qualche collega molto potente, che godeva di protezioni ancora più potenti. Per questo lo rassicurai sul fatto che non avrei reso pubblico il contenuto del nostro colloquio fino a quando quei rischi fossero stati reali”. Berlusconi non chiede risarcimenti ma verità e si rivolge direttamente all’Anm: “Sono convinto che l’Anm, se volesse veramente tutelare la magistratura italiana come merita, dovrebbe essere la prima a sostenere la nostra richiesta di verità”. 

 

 

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