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Mario Draghi, i ministri lazzaroni nel mirino: scatta il commissariamento, il ruolo del sottosegretario Garofoli

Elisa Calessi
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«Così non va. Per questo, ho deciso di adottare un nuovo metodo». C'è bisogno di correre. E invece le leggi, i decreti si impaludano nei meandri dei ministeri. O delle commissioni. Manca noi decreti attuativi. I provvedimenti che rendono operativi le leggi attendono di essere approvati. E si sommano uno all'altro, creando una montagna sempre più alta. Simbolo dell'immobilità di questo Paese. E così le leggi restano sulla carta. La corsa contro il tempo si arena in un limbo di cui nessuno si assume la colpa, ma intanto tutto, anche le riforme più urgenti, si inabissa.

Storia vecchia. Problema contro cui tutti i governi, di ogni colore politico, si scontrano. Ma questa volta rischia di far saltare la più grande occasione, l'ultima, che questo Paese ha: i miliardi del Piano nazionale di resistenza e resilienza. Oggi i ritardi sono un colpo al cuore di un malato già in condizioni gravissime. E vanificano la ragione di esistenza di questo governo e della chiamata in servizio di Mario Draghi. Per questo, ieri, il premier, con la schiettezza e il pragmatismo che lo contraddistinguono, ha preso di petto il problema. E annunciato ai suoi ministri un cambio di metodo. 

 

 

 

 

Ha spiegato che bisogna cambiare passo: occorre «più velocità» nell'adozione dei provvedimenti attuativi ai quali le norme di legge rinviano. Non è possibile che manchi il 90 per cento dei decreti attuativi, cioè dei provvedimenti che permettono a leggi e decreti di entrare in funzione. Certo, pesa l'eredità dei passati governi: manca il 53 per cento degli atti approvati dai prece denti esecutivi. Sui 1.199 decreti attuativi dell'attuale legislatura, ne restano ancora da approvare 643, di questi 125 riguardano l'esecutivo Conte I, che ne ha adottati solo 208 su 333; 456 il Conte II- quelli pubblicati sono 343 su 799 - e tra questi molti riguardano proprio i principali decreti destinati ad arginare le perdite economiche provocate dal Covid, ovvero Cura Italia, Liquidità, Rilancio, Agosto, Ristori, ai quali si aggiungono quelli previsti per il decreto Semplificazioni, e per la legge di Bilancio.

A questa eredità il governo di Draghi ne ha aggiunti 62, di decreti attuativi da approvare, dal momento che sui 67 previsti dai provvedimenti finora messi in campo ne sono stati pubblicati in tutto solo 5. La fotografia, insomma, è devastante. Siccome i ministeri, da soli, non sono in grado di stare al passo, Draghi ha deciso di accentrare la pratica. Come ha fatto per il Recovery Fund. Da domani, si cambia. Davanti ai ministri ha illustrato, come recita il comunicato finale del consiglio dei ministri, «un nuovo metodo operativo, condiviso con il sottosegre tario Roberto Garofoli», suo vice e braccio operativo. Il metodo ricalca quelli che ci sono nelle aziende. Eccolo: a ogni ministero vengono assegnati degli «obiettivi da perseguire, contar get specifici di decreti da adottare, a partire dai mesi di giugno e luglio 2021». Obiettivi e tempi in cui realizzarli. Dovranno eseguirli. Sarà «un impegno prioritario» per i ministeri. Ma siccome le raccomandazioni non bastano, per verificare che accada, il sottosegretario alla presidenza, Garofoli, «si recherà», si legge nel comunicato della presidenza del Consiglio, «presso i ministeri» per verificare che l'attuazione proceda. E «il ciclo di incontri è stato già avviato ieri con il ministro dell'Economia e proseguirà nei prossimi giorni con gli altri ministri».

 

 

 

 

Il sottosegretario Garofoli ha poi illustrato, sempre davanti agli attoniti ministri, «alcuni criteri operativi per una più efficace attuazione delle disposizioni normative». Criteri, si nota da Palazzo Chigi, che erano già stati «condivisi nella Conferenza dei Capi di Gabinetto del 31 maggio, tra i quali la costituzione di una rete dell'attuazione del programma di governo, coordinata dalla presidenza del Consiglio dei Ministri e costituita dai nuclei per l'attuazione del programma di governo che ciascun ministero dovrà istituire all'interno degli Uffici di diretta collaborazione, con il compito specifico di lavorare sul recupero dell'arretrato e sulla costante attuazione dei provvedimenti del governo in carica». Una rete capillare e stringente per eliminare quella palude che inabissa tutto. Se a Draghi riuscirà, sarà una rivoluzione.

 

 

 

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