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Giorgia Meloni, faccia a faccia con Viktor Orban: il piano per fermare l'immigrazione

Antonio Rapisarda
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La due giorni di Giorgia Meloni a Bruxelles ha tutte le sembianze, i tempi e i modi di una missione ufficiale di diplomazia "parallela". «Quasi una prova generale in eurovisione», raccontano i suoi, in vista della sfida di governo per cui si candiderà insieme con il centrodestra dopo la parentesi delle larghe intese. I dettagli, anche in questo caso, fanno la differenza. Il capo dell’esecutivo Mario Draghi interverrà al Consiglio europeo con tanto di Odg parlando di redistribuzione dei migranti? E la leader dell’opposizione italiana risponde incontrando (tra ieri e oggi) tre premier europei di centrodestra con cui condivide tutt’altro piano di gestione del fenomeno migratorio. Stesso discorso riguarda la seconda “portata”: il futuro e le gerarchie della destra europea. Matteo Salvini ha annunciato dal Portogallo l’idea del gruppone unico del centrodestra in Europa? E Giorgia, qui in Belgio nella veste di leader e presidente dei Conservatori europei, festeggia due nuovi ingressi nella famiglia rilanciando l’Ecr come casa «naturale» delle destre di governo. Incluso, questo è il piatto forte di giornata, l’amo lanciato a Viktor Orbán: pezzo pregiato e conteso dello scacchiere identitario dopo la fuoriuscita dal Ppe.

 

 

IL DOPPIO BINARIO - Su questo doppio binario – di controproposta di governo e di rafforzamento dell’offerta targata Ecr – Giorgia Meloni ha fatto partire la sua offensiva anche in chiave continentale. A dare il via – seguita dagli sherpa di FdI a Bruxelles, Carlo Fidanza e Raffaele Fitto – i due incontri con il presidente dell’Europarlamento Sassoli e il commissario Gentiloni.Con il primo ha insistito sul tema del pluralismo, ossia sulla necessità che venga tutelato il diritto della visione confederale dell’Europa – alternativa all’unionismo «federalista» del partitone Ppe-Pse– ad avere «piena cittadinanza» nel dibattito. Con Paolo Gentiloni, invece, il tema centrale è stato il Recovery fund: «Siamo preoccupati sia dai tempi di erogazione delle risorse – ha messo in guardia l’ex ministro della Gioventù –, sia dalle condizionalità e poi dal patto di stabilità che se rientrasse in vigore nel 2023 di fatto creerebbe moltissimi problemi alla nostra crescita economica».

Quanto all’immigrazione, trai temi più importanti previsti al Consiglio europeo, Meloni non ha fatto mancare una stoccata a Draghi: «Noi pretendiamo che nazioni, che difendono come noi quel pezzo di confini esterni dell’Ue e non fanno infiltrare immigrati clandestini, poi distribuiscano i nostri...». Poco credibile come orizzonte secondo lei che, al contrario, è ritornata sulla proposta di «una missione europea per fermare le partenze dei clandestini, per fermare la tratte degli scafisti». Di questo – assicurano fonti di primo piano a Libero – la leader di FdI ha discusso a cena con Orbán e il premier sloveno Janez Jansa (e lo stesso farà oggi con il polacco Morawiecki). Qualche ora prima era stata la riunione del gruppo Ecr a dare la chiave politica “a destra”.

 

 

Grande soddisfazione per i due nuovi ingressi: Giuseppe Milazzo e Lars Patrick Berg, che hanno lasciato rispettivamente il Ppe e il gruppo Id. Segno, ha spiegato Meloni nel suo intervento, che il progetto dei conservatori si dimostra «estremamente attrattivo», sia per le formazioni che «arrivano dal Ppe e che sono stanche di un approccio troppo prono alla sinistra» (su questo fronte il premier sloveno è dato in avvicinamento), sia «per chi dalla nostra destra vuole uscire da una opzione di marginalità», ossia le delegazioni provenienti dal gruppo sovranista Id. E questo – da leggere come una risposta tutt’altro che felpata indirizzata a Salvini – «è un lavoro che può fare solo Ecr».

CASA POLITICA - Quanto ad Orbán il rapporto si conferma stretto e in evoluzione. «Non ha fatto richiesta di ingresso in Ecr»ma se lo facesse «chiaramente io sarei contenta di valutare la richiesta insieme agli altri componenti del gruppo», ha affermato la presidente di FdI sottolineando un passaggio importante: «La considererei anche una collocazione abbastanza naturale per il percorso di Fidesz». Il senso, anche alla luce dell’incontro che oggi terrà con il premier conservatore polacco, è chiaro: la casa politica c’è. E le porte sono aperte. Anche per la Lega? «Non mi pare – ha risposto la Meloni a chi le chiedeva – se abbia mai dato segnali in questo senso». Nessuna preclusione ovviamente: «La Lega ha posizioni compatibili con le mie idee, siamo alleati,ma non sta ame decidere».  

 

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