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Suicidio assistito, ecco perché finirà come il ddl Zan: i progressisti sono in confusione

Claudia Osmetti
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Rischia di diventare il nuovo ddl Zan: una bandierina sui diritti civili da sventolare per qualche settimana, salvo poi riporla nel cassetto e tanti saluti. La Camera dei deputati ha calendarizzato per oggi la discussione sul suicidio assistito. L'annuncio l'ha dato, qualche giorno fa, un trionfante Enrico Letta, al secolo il segretario del Pd: «Noi siamo riusciti a ottenere che il testo vada in Aula ed è, secondo me, la linea più avanzata», ha detto in tivù, ammiccando come quello che si loda (e s' imbroda) da solo. Sommo giubilo dalle parti del centrosinistra: ma siamo veramente a un giro di boa? A una svolta nel tema, molto delicato, del fine vita? Non esattamente. Ché da una parte c'è il referendum sull'eutanasia (altra cosa, rispetto al suicidio assistito), con l'associazione Luca Coscioni di Marco Cappato che ha raccolto più di un milione e 200mila firme a sostegno. E dall'altra c'è il tiremmolla della solita politica, il gioco di accordi e compromessi che senza quello non vai da nessuna parte. Premessa, sennò non ci si capisce: sono almeno tre anni (da quando, cioè, Dj Fabo è andato in Svizzera per morire) che sul Parlamento pende la spada di Damocle della dolce morte. La si pensi come si vuole, lor signori di Montecitorio avrebbero dovuto fare il lavoro per il quale son pagati (cioè legiferare). La Corte Costituzionale aveva pure fissato un termine, niente. Siamo ancora qua, come cantava Vasco. E adesso, archiviato il trambusto sulle discriminazioni di genere (vedi alla voce ddl Zan di cui sopra), parte della maggioranza si sveglia e promette di accelerare i tempi. Non è così facile, e mica solo perché Lega e Fratelli d'Italia sono (in linea generale) contrari. Prendi il testo, quello che Letta già pubblicizza come fosse una vittoria: non è ancora arrivato in Aula e sta facendo discutere.

 

 

 

IL NODO OBIEZIONE

D'accordo, il dibattito, in democrazia, è sacrosanto, però la discussione in commissione Giustizia e Affari sociali è durata mezz'ora, poi si è optato per la stesura di un testo condiviso e son saltati fuori i contrasti. Una sorta di "sanatoria" per chi è già stato condannato prima dell'entrata in vigore di questa legge e il caos sull'obiezione di coscienza. Nel senso che il testo prevede un "registro" dei medici obiettori (un po' come quello per l'interruzione delle gravidanze): i professionisti che vi rientreranno saranno esonerati dalle «attività sia sanitarie che ausiliari» dirette al suicidio assistito. Un passaggio che scontenta, per dirne una, l'associazione Coscioni: «In questo modo - precisa Cappato, - si formano delle limitazioni. E non è solo l'obiezione di coscienza, c'è anche il fatto che il malato, per attuare i suoi propositi, dovrà essere tenuto in vita da un trattamento di sostegno vitale. Significa banalmente che i pazienti oncologici non rientreranno nella casistica proposta dal nuovo testo. Non so quanti elettori di Letta siano a conoscenza di questo aspetto, perché stan tutti bene attenti a non gridarlo troppo». Insomma, il documento su cui oggi promettono di arrovellarsi a Montecitorio rischia di incasellare una diatriba fatta di cavilli e pretesti.

 

 

 

OSTACOLI

Movimento 5 Stelle e Partito democratico, tra l'altro, stando all'attuale composizione dell'emiciclo, i numeri per approvare una legge li avrebbe in tasca. Ma è il deputato di Più Europa Riccardo Magi che sintetizza, laconico: nella formulazione del testo «hanno prevalso quelli che vogliono mandare la legge sul binario morto e che non sono solo nel centrodestra». Cappato, invece, la mette sul piano giuridico: «Grazie alla sentenza della corte Costituzionale, una legge in questo senso c'è già», racconta, «l'utilità di farne una, e proprio adesso, può esserci solo se si aggiungono garanzie: tempi certi e scadenze. A queste condizioni, però, nella migliore delle ipotesi ci ritroveremo con una conferma di quanto abbiamo già ottenuto e nella peggiore è un contentino dato nell'ottica di evitare il voto referendario». Si diceva, il ddl Zan. Non lo citiamo a vanvera. Ci sono le tempistiche, per esempio, che, lo ricordano fin troppo da vicino: calendarizzare la legge sul suicidio assistito il 13 dicembre, vuol dire, in buona sostanza, sollevare un polverone sapendo di non arrivare a un risultato a stretto giro. Tra pochissimo inizieranno le discussioni sulla Finanziaria, poi ci saranno le vacanze di Natale e a gennaio comincia il toto-Quirinale. Di spazi liberi sul calendario se ne vedono pochini: basta cambiare "festività natalizie" con "ferie agostane" e lo scenario è identico a quello che ha coinvolto il ddl Zan, il quale, non a caso, ha fatto la fine che sappiamo. Tra un paio di mesi la Consulta deciderà sull'ammissibilità del referendum sull'eutanasia legale presentato dall'associazione Coscioni e allora sì che si aprirà un dibattito (e mica solo in Parlamento) sul quale i partiti dovranno prendere posizione. Pd incluso. 

 

 

 

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