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Mario Draghi tagliato fuori dal vertice sulla guerra: lo schiaffo degli "alleati" all'Italia

Renato Farina
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L’Ansa ha annunciato nel primo pomeriggio di ieri, con aplomb impeccabile, come se parlasse di Marte e non della emarginazione dell'Italia dal consesso degli alleati: «Il presidente Usa Joe Biden discuterà nelle prossime ore gli ultimi sviluppi della guerra in Ucraina in una videoconferenza dalla Situation Room con il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il primo ministro britannico Boris Johnson. Lo riferisce la Casa Bianca in una nota». Chi manca? Un nome a caso: Mario Draghi. Ma non dovevamo, finalmente, essere tornati al prestigio diplomatico perduto? E adesso che la questione si fa seria, la più seria da 80 anni a questa parte, eccoci dimenticati nello sgabuzzino della storia. Non abbiamo nessuna voglia di rimpiangere la presenza del nostro presidente del Consiglio quando ci furono gli accordi disgraziatissimi di Monaco del 1937, che lasciarono libero campo al disegno atroce di Hitler. Sarebbe stato meglio di no, ma Mussolini c'era, eccome se c'era. E con Chamberlain firmò la cessione dei Sudeti alla Germania. Purtroppo, ma c'era. Ora che si tratta di decidere di quale morte far morire le ambizioni imperiali di Putin, quali prezzi si sia disposti a pagare per avere pace e sicurezza insieme a libertà e benessere, l'Amico Americano comunica con sovrana prosopopea chi sono i rappresentanti del Sinedrio chiamati a stabilire anche il nostro destino. Con comodo ci faranno sapere, magari mandiamo un appunto.

 

 

MENO DIGNITÀ
Chissà, magari all'ultimo momento ci sarà stata una spiegazione, forse un ripensamento, dopo esserci lagnati con Washington, e magari a Mario Draghi sarà data la stessa dignità concessa a un Macron e a uno Scholz. Ma lo schiaffo è arrivato, la guancia del premier resterà rossa a lungo con le cinque dita ben marcate sulla guancia. La leggenda che ci è stata fatta bere come rosolio della zia ci ha indotto a credere come se fosse un articolo del Credo che grazie alla presenza al comando di Draghi oramai l'Italia era l'architrave dell'Unione Europea presente e lo sarebbe stata ancor di più di quella futura. Di più: era diventata, a causa dell'indiscutibile bravura e del prestigio dell'ex presidente della Banca centrale europea, il solido ponte scelto dagli Usa di Biden per riconquistare un'Europa riottosa verso Washington essendo più propensa a trattare con Cina e Russia, vedi proprio Francia e Germania. Joe Biden - ed è vero, verissimo - riteneva infinitamente più affidabile e capace di leadership Draghi rispetto a qualsiasi altro leader della Ue. Cosa è successo allora? Siamo sprofondati in serie C. La nostra diplomazia rappresentata purtroppo da Luigi Di Maio è crollata a livello di pericoloso dilettantismo, e la diplomazia sotterranea dei servizi segreti, che conta più di quella ufficiale in tempo di crisi al diapason, non è ammessa a dirla sua dagli alleati. Sono lontani anni luce i tempi in cui gli americani ci vedevano con sospetto come il loro peggior amico e insieme il miglior nemico di Mosca, gli unici che ci capivano qualcosa di Cremlino ma anche di Iran e di Cina.

 

 

Lontanissimi i tempi allorché Andreotti veniva ospitato da Bush padre su una portaerei nel Mediterraneo per chiedergli chi nominare alla testa della Nato (e gli dava retta). E ancora un decennio dopo, allorché Berlusconi (maggio 2002) a Pratica di Mare fu l'anello di congiunzione geniale tra Bush junior e Putin. Un anello poi spezzato dall'arroganza, e non certo per colpa dei governi italiani, Berlusconi e Prodi compreso. Cosa è successo di questi tempi? Macron e Scholz hanno colloqui telefonici, improduttivi ma importanti con Putin. I ministri degli Esteri di Francia e Germania, ma non solo, discutono con Sergei Lavrov. Draghi è tagliato fuori senza sua colpa. I russi hanno assistito al bighellonare di Di Maio tra Kiev e Mosca, e poi l'hanno udito pronunciare parole sconclusionate prima alla Camera e poi in tivù. A Montecitorio ha detto: «Riteniamo che non possano esserci nuovi incontri bilaterali con i vertici russi, finché non ci saranno segnali di allentamento della tensione». I russi hanno risposto dandogli dell'incapace, del dilettante combina guai. Ha scritto la Tass: «È una strana idea della diplomazia - dice la nota - la diplomazia è stata creata per risolvere situazioni di conflitto e alleviare la tensione, e non per viaggi vuoti in giro per i Paesi e degustare piatti esotici a ricevimenti di gala». Finché a La7 ha usato un linguaggio che lo ha fatto scomunicare ipso facto dalla comunità diplomatica mondiale: «Io sono animalista e penso che tra Putin e qualsiasi animale c'è un abisso, sicuramente quello atroce è lui». Insomma, Putin è peggio della bestia peggiore.

 

 

PREZZO ALTISSIMO
E così siamo stati tagliati fuori, incredibilmente. Noi insieme alla Germania siamo il Paese dell'Unione Europea che paga il prezzo più alto e rischia di più, avendo il nostro gas al 40% provenienza russa. Ospitiamo 243mila ucraini (di cui 185mila sono donne), e siamoi primi dell'Unione Europea in questa classifica, sopravanzando Germania e Polonia. La Russia ci ha messi sulla lista nera dei paesi ostili. E fin qui nulla di strano: abbiamo aderito alle sanzioni, siamo in buona compagnia, ci sono anche la Svizzera e Singapore, oltre a tutta la Ue e ovviamente Usa e Gran Bretagna. Ma noi siamo anche su un'altra lista, diciamo così nerisssima: non abbiamo diritto neppure ad alzare il telefono con Mosca. E la possibilità che un manipolo ceceno infili una bomba o si faccia assaggiare a qualcuno il polonio (che è arma nucleare!) come segnale dato al Paese più debole ed emarginato della Nato sono timori che fanno riflettere gli analisti. 

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