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Enrico Letta, "al governo solo se vinciamo": si copre (ancora) di ridicolo. Dopo 10 anni, il Pd...

Enrico Letta

Gianluca Veneziani
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Il Pd non vince un'elezione dal lontano 2006, un'era geologica fa, quando c'era ancora il Mortadella Prodi. Eppure ha governato oltre 12 anni degli ultimi 16, praticamente non si è schiodato quasi mai dagli scranni del potere. Pertanto ha un che di ironico la promessa del segretario Letta che ieri ha annunciato: «La prossima volta andremo al governo se avremo vinto le elezioni. Noi non siamo il partito del potere e delle poltrone. Sei cittadini non ci daranno la fiducia, governeranno Salvini e Meloni». Dovrebbe essere prassi in una democrazia che vinca e governi chi riceve la maggioranza dei voti. Ma non nel sistema politico italiano dove può imbullonarsi alla poltrona anche chi è costantemente un partito di minoranza, grazie ad alleane trasversali e maggioranze variabili.

Sotto questo punto di vista, il Pd coi suoi segretari, da Bersani a Letta passando per i vari Martina e Zingaretti, ha dimostrato uno straordinario talento nell'ultimo decennio: è riuscito ad appoggiare ben sei governi, sei!, sostenuti da maggioranze di volta in volta diverse: prima l'esecutivo tecnico di Monti, votato da una Grosse Koalition, poi il proprio governo Letta, e ancora altri due esecutivi trainati da esponenti dem, quello Renzi e quello Gentiloni, sempre rigorosamente senza passare dalle urne; da ultimo, il governo Conte 2, che improvvisamente era divenuto appetibile a differenza del Conte 1, e quello Draghi, ancora una volta, va da sé, senza la consacrazione elettorale.

 

 

In tutti questi anni è incredibile come solo in un caso, le elezioni europee del 2014, il Pd abbia avuto i numeri per potersi dire partito preponderante nel Paese. Ed è ancora più incredibile che, ciò nonostante, solo in un caso, il governo Lega-5Stelle del 2018, i dem abbiano scelto di astenersi dall'esercizio del potere. E, come se non bastasse l'attaccamento alle poltrone italiane, in nome di chissà quale forza elettorale il Pd è riuscito a piazzare due propri rappresentanti, prima la Mogherini e poi Gentiloni, nei governi europei di Juncker e von der Leyen. A ben vedere, e Letta lo sa bene, non è solo il sistema parlamentare italiano a favorire la permanenza al governo di una forza politica che pure non ha la maggioranza dei consensi.

 

Ma è quella cifra tipica dei democratici nostrani, cioè l'abitudine a esercitare un'egemonia, politica oltreché culturale, a prescindere dalla volontà della maggioranza silenziosa; a identificarsi con l'establishment, pur senza essere né élite né (partito) eletto dai più. È la capacità di comandare pur senza rappresentare, il popolo o quanto meno la sua parte principale. Il fatto che ora Letta garantisca che non il Pd non governerà più senza l'appoggio degli elettori pare una concessione speciale, di cui dovremmo essergli grati. E invece è la legge della democrazia, di cui i presunti democratici paiono essere a digiuno.

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