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Luigi Di Maio, il ragazzo di Pomigliano che si aggrappa a Tabacci: quel legame con l'ex Dc

Di Maio e Tabacci

Pietro Senaldi
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Pare che Luigi Di Maio, leader dell'ultimo partito nato in Parlamento, Insieme per il futuro, stia valutando di prendere in prestito per il suo gruppo il simbolo da Tabacci, fiero democristiano in politica da oltre quarant' anni. Intanto, i suoi alleati di governo che stanno alla destra di Draghi fanno circolare su internet il video con il quale l'attuale ministro degli Esteri chiedeva il voto agli italiani alle Politiche di quattro anni fa. L'allora leader di M5S  si scagliava contro i 388 "voltagabbana e traditori", li chiamava proprio così, che nella scorsa legislatura avevano lasciato il partito con il quale erano stati eletti. Sosteneva che così fan tutti per «desiderio di potere, fame di mega stipendio e attaccamento alla poltrona» e assicurava che, se lui avesse fatto altrettanto, si sarebbe dimesso dalla carica di parlamentare e avrebbe pagato i danni al Movimento.

Cambiare idea è lecito, ammoniva Di Maio, purché si sia disposti a pagarne le conseguenze. Sarà forse perché in questi quattro anni ha cambiato tutto fuorché i valori di fondo che l'hanno fatto scendere in politica - potere, poltrona, stipendio - che il ministro degli Esteri non avverte neppure l'opportunità di dimettersi da parlamentare. Eppure potrebbe, visto grazie all'incarico di governo una buona retribuzione comunque non gli mancherebbe. D'altronde, sia il suo vecchio sia il suo nuovo nume tutelare, Grillo e Draghi, non sono in Parlamento, come neppure Conte peraltro.

 

 

SORTE INCERTA - Ma l'ex ragazzo di Pomigliano d'Arco non ci pensa nemmeno, coerente al fatto che la permanenza sul seggio e la garanzia di ottenere il terzo mandato è la ragione sociale della sua creatura, della quale il governo non aveva alcun bisogno, dal momento che M5S non ha fatto venire meno i numeri della maggioranza. 

Quanto al futuro di Di Maio, appare scontato che si picchetterà nel campo largo del Pd. L'incognita è se nella tenda principale o in una tutta sua. Più incerta è la sorte dei sessanta e passa che l'hanno seguito, dei quali si salverà al massimo un pugno di adepti. Per convincerlo al grande passo, qualcuno gli ha fatto balenare anche l'ipotesi che potrebbe essere lui il leader del centro. In tal caso, solo di quello senza voti, perché quello dei consensi sembra essere il punto debole del ministro. Per fare il capo bisogna riuscire a convincere gli elettori a sceglierti, pagano coerenza e affidabilità, e l'ex leader grillino ha tradito tutte le promesse fatte.

Reddito di cittadinanza e sentimento anti-casta sono i motivi per cui è stato votato ma non sono cavalli di battaglia che d'ora in poi Di Maio potrà cavalcare. Anche se ha studiato e migliorato l'inglese, non può buttarla sulle capacità tecniche, che non sono ineguagliabili.

 

 

OBIETTIVO COMUNE - Di camerieri del potere, o voltagabbana come li chiama lui, ce ne sono tanti a disposizione e in politica hanno futuro solo per un giro, e a patto che non pretendano di menare il torrone. Finirà che Letta gli troverà un posto nell'arca di Noè che ha in testa, dove il leader del Pd spera di far convivere Fratoianni e Calenda, Conte e Renzi, il che ci dice quanto "Enrico stai sereno" somigli al Luigino buono per tutte le stagioni. Hanno lo stesso obiettivo: mettere su un cartello elettorale che garantisca un posto al sole ai soliti noti senza curarsi di avere un programma che unisca tutti né che la creatura tenga almeno un giorno dopo il voto. Probabilmente hanno ragione, anche se al loro posto non conterei su Calenda e temerei che Conte riesumasse Di Battista per giocarsi una partita solitaria. Confidano che in qualche modo si troverà una quadra per finire tutti ancora sotto le gonne di Draghi o chi per lui, magari grazie a un successo del centrodestra che ricordi quello di Bersani nel 2013. Stai sereno Enrico, dovesse capitare, stavolta non sarà il tuo turno neppure per un anno. 

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