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Il rischio di una "società degli esclusi". Cresce la sfiducia nelle istituzioni

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Francesco Carella
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Accade sempre più spesso che la rappresentazione che viene fatta dell'Unione da parte dei maggiori leader europei - si accredita un'Europa unita che poggia su un ampio consenso e in grado di affrontare sia le sfide di ordine politico che quelle di carattere economico legate alle conseguenze della guerra in Ucraina - risulti diversa in modo a dir poco radicale rispetto a quella che si appalesa ogniqualvolta i cittadini elettori vengono chiamati ad esprimersi attraverso il voto. In tali occasioni - l'ultima riguarda il voto francese per il rinnovo dell'Assemblea nazionale - si scopre una realtà sociale e politica segnata dal dissenso e che si manifesta in parte disertando la partecipazione al voto e in parte premiando quelle forze che alla retorica del politicamente corretto rispondono misurandosi con il vero problema che le democrazie devono oggi affrontare, ovvero il progressivo distacco degli elettori dalle istituzioni rappresentative considerate entità astratte e lontane dalla proprie esistenze.
 

SOLITO VECCHIO GIOCHINO La sinistra italiana può, continuando a muoversi lungo i vetusti e stucchevoli binari della delegittimazione dell'avversario, utilizzare parole intente nel veleno contro Giorgia Meloni e il contenuto del discorso tenuto una decina di giorni fa in Spagna, ma rimane un dato di realtà incontrovertibile: la leader di Fratelli d'Italia - richiamando con forza valori e tradizioni che appartengono al pensiero liberal-conservatore quali la difesa della famiglia, della sovranità nazionale, della cittadinanza intesa anche come argine da opporre a una immigrazione irregolare di massa - mette in evidenza il fossato che separa l'establishment europeo dai problemi degli strati sociali meno abbienti investiti direttamente dalle grandi turbolenze economiche e civili del nostro tempo. Viene fatto di pensare che gran parte della classe politica, in primo luogo quella di sinistra, sia vittima di una forma particolare di "Cancel culture". Infatti, si dimentica che i sistemi democratici sono organismi robusti sul terreno degli ideali e delle promesse, ma fragili per via delle difficoltà che incontrano nel rendere concreto ciò che promettono. Il rischio che si corre, spegnendo i "sensori popolari", è di non accorgersi che la forbice tra il promettere e il mantenere possa allargarsi fino a ridimensionare quel bene prezioso del sistema democratico che è «la silenziosa fiducia espressa alla classe politica dall'intero corpo elettorale». A tal proposito, Michael Walzer uno dei più autorevoli pensatori americani di formazione liberal - da alcuni anni mette sul chi vive le classi dirigenti circa la crescente interruzione del circuito fiduciario fra élite e popolo destinata a sfociare, in assenza di contromisure, in una vera e propria "società dell'esclusione".
 

INCERTEZZA ECONOMICO-SOCIALE «Oggi», egli scrive, «gli individui si fidano meno gli uni degli altri»- e tutti insieme ancora meno delle istituzioni - sia a causa della crescente incertezza economico-sociale legata ai fenomeni del mondo globale sia a motivo dello sgretolamento dei vecchi luoghi di socializzazione indispensabili per orientarsi razionalmente in una realtà in continuo mutamento». In tal senso, ostinarsi ad apostrofare come fascisti e razzisti coloro che hanno compreso, prima di altri, le ragioni che sono alla base del disagio popolare rafforza la tesi secondo cui «la sinistra non è più di sinistra» al punto di avere dimenticato del tutto l'alfabeto attraverso il quale costruire un dialogo con la "società degli esclusi". 

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