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Massimo D'Alema fa lo spot a Xi Jinping: cosa c'è dietro la "vergogna comunista"

 Massimo D'Alema

Giovanni Sallusti
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L'ultima vita di Massimo D'Alema coincide con la prima (e con tutte quelle in mezzo, probabilmente): si svolge all'insegna della propaganda comunista.
Che oggi ovviamente significa intrupparsi nel coro lodatore delle magnifiche sorti e progressive garantite al mondo dalla Cina del Grande Timoniere Xi Jinping. Ovvero, il più grande totalitarismo esistente sulla faccia della Terra. Che nel Belpaese è pieno di estimatori (non ultimo quel Peppino Conte che gioca a fare lo statista in bilico sul precipizio), ma nessuno dotato della forza retorica e del fideismo di comprovata tradizione marxista di Baffino.

IL SOL DELL'AVVENIRE - È stato talmente zelante, nel suo ultimo spot pro-regime, che l'Ambasciata della Repubblica Popolare lo ha onorato di retweet entusiasta. L'occasione era un'intervista a ChinaMediaGroup, il network d'informazione che sta sotto il diretto controllo del Dipartimento Propaganda del PCC, diciamo un contesto in cui è difficile esercitare la critica su anticaglie come i diritti umani. Il nostro comunque non ne aveva nessuna intenzione, anzi è partito in quarta con un peana al gigante asiatico che si è "liberato dallo spettro della fame e della povertà".

 

 

Si potrebbe far notare che mentre il Dragone fissa la soglia di povertà a 1,5 dollari al giorno, nei Paesi a reddito medio-alto (quale è oggi indubitabilmente la Cina) la Banca Mondiale la prevede a 5,5 dollari al giorno. Con questa metrica assai più realistica, si verificherebbe che esistono ancora 371 milioni di poveri cinesi, ben il 26,5% della popolazione. Ma dispute statistiche a parte, dev'essere il crescendo rossiniano-maoista che ha colpito l'Ambasciata, visto che D'Alema sentenzia come "quest' esperienza dovrebbe essere studiata dai Paesi in via di sviluppo", e come la Cina sia oggi "un Paese molto avanzato in grado di offrire una prospettiva alle nuove generazioni".

Ecco, vorremmo allora modestamente chiedere al Mago Dalemix (copyright Dagospia) quale sia esattamente questa mirabolante "prospettiva" che la dittatura comunista squaderna davanti ai "Paesi in via di sviluppo" e soprattutto alle "nuove generazioni", cioè ai nostri figli. Forse i circa 1400 laogai tuttora esistenti nel paradiso terrestre di Xi?

Trattasi tecnicamente di campi di concentramento, le cui graziose condizioni quotidiane di vita prevedono: lavori forzati fino a 18 ore al giorno, uso della denutrizione e della tortura come sistemi punitivi, sedute periodiche di "autocritica" in cui i detenuti si accusano a vicenda o si auto-accusano di comportamenti criminali (è la buona, vecchia "rieducazione" del compagno Mao). Inutile dire che in tali luoghi di villeggiatura si può finire anche solo (anzi, soprattutto) perché non si condivide l'opinione idilliaca di D'Alema sul regime. O piuttosto l'avveniristica "prospettiva" è quella del Partito Unico che tutto fagocita, dalle aziende agli individui, che mette fuori legge il dissenso, che impedisce spesso la libertà di culto, anche per i cristiani?

 

 

HONG KONG VIOLENTA - O magari il Lider Maximo si riferisce alle sacrosante botte e alle illuminate carcerazioni imposte ai leader della protesta di Hong Kong, questi sovversivi che coltivano ancora il vizio anglosassone insito nella storia dell'isola, la libertà, e che ora giustamente assaggiano il manganello della Repubblica popolare? O ancora la buona pratica potrebbe essere la gestione della pandemia Covid, che è esplosa nel mondo anche per le omissioni e gli insabbiamenti della dirigenza cinese, la quale piuttosto che lanciare l'allarme si dedicava a far sparire nei suddetti laogai medici, infermieri e giornalisti che parlavano di un virus mai visto prima? Non è dato sapere, sarebbe gradita risposta. Quel che è certo è che D'Alema chiude il suo equilibrato discorso citando il "rispetto del diritto internazionale" tra i fronti su cui è imprescindibile collaborare con Pechino, in particolare per quanto riguarda "il diritto di ciascun Paese di non essere aggredito, invaso, e la garanzia dei confini". Per dire quanto la tirannia comunista non veda l'ora di impegnarsi sul tema: la risoluzione trionfalmente presentata da Xi al sesto plenum del Comitato Centrale del PCC prevede entro il 2049 l'annessione forzata (loro dicono "riunificazione") di Taiwan alla Cina. Sipario, Baffino torni pure a imbottigliare il suo vino. 

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