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Pd ed Enrico Letta, quanta ipocrisia: a sinistra questo governo non lo volevano

Iuri Maria Prado
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 Se fosse stato per il Partito democratico di Enrico Letta il governo Draghi non sarebbe nato: e la verità è che quella sinistra ha semmai sofferto l'esperienza di unità nazionale come una disavventura obbligata e spiacevole, assai meno attraente e congeniale rispetto all'affascinante avventura giustizialista, poverista e declinista con i mentecatti dei 5Stelle.

 

 

 

Le enormità progressiste sul «populismo gentile» dei grillini, su Giuseppe Conte «uomo colto» e «punto di riferimento fortissimo», non costituivano soltanto l'ennesima riprova dello sbrindellamento morale di una tradizione politica ormai priva di qualsiasi timore di rendersi ridicola: più gravemente, la generosità spontanea con cui la galassia dei plenipotenziari di sinistra si mobilitava per accreditare quella compagnia di fessi e il suo improbabile capo era segno di una condivisione profonda delle ragioni e delle istanze originarie del vaf***ulo al potere, il disappunto per la noiosa pastoia parlamentare, una bella epopea di governi concessivi e paternalisti, una giustizia sociale fatta di provvidenze e sussidi, un ecologismo balordo e tecnicamente sprovveduto, il semplicismo plebeo delle politica onesta (solo la propria) contrapposta a quella corrotta (sempre degli altri), in pratica la questione morale trasferita dalle sezioni di partito finanziate dal rublo agli algoritmi degli schedatori della Casaleggio Associati. Il governo Draghi è stato un impiccio, in quell'idillio. 

 

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