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Il super-sondaggio che fa tremare Conte e Letta: chi vince se si vota subito

Pietro De Leo
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C'è una spia che dice molto di quel che potrebbe accadere nei prossimi giorni. La si ricava da una ricerca realizzata da Goldman Sachs, banca d'affari, a fine maggio scorso. Un documento che accende i fari sui paesi dell'Europa mediterranea, in particolare sull'Italia. Il messaggio che arriva è il seguente: se si dovesse andare al voto e dal passaggio elettorale maturasse un governo in discontinuità con quello Draghi, allora potrebbero esserci dei problemi sulla realizzazione degli obiettivi relativi al Recovery plan. L'analisi monopolizza le sue preoccupazioni sul centrodestra, per via delle posizioni eurocritiche di Fratelli d'Italia e Lega, componente che, scrivevano gli estensori, «guida regolarmente i sondaggi».

 

 

Ad ogni crisi di governo scattano le forze della stabilità per evitare il ritorno al voto, ciò è fatto notorio di cui più volte abbiamo sperimentato l'efficacia in questa legislatura come in altre. I giorni che stiamo vivendo non fanno difetto alla regola. Queste forze lavorano, vorticano con grande intensità quando c'è la prospettiva che a vincere sia il centrodestra, come in questo caso. La coalizione è litigiosa e con un milione di difetti di comunicazione finché si vuole, sì. Ma comunque il dato di prospettiva è questo qua: se si andasse al voto, avrebbe il mandato per governare.

I RAPPORTI DI FORZA - Ieri, per dire, un sondaggio di Termometro Politico sanciva che il 24,1% del campione intervistato vorrebbe Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, un punto e mezzo in più rispetto a Draghi. E lo confermano a Libero alcuni sondaggisti. «Il vantaggio sul centrosinistra è netto», dice Carlo Buttaroni di Tecné. E aggiunge: «Anche perché non saprei nemmeno, al momento, con quali forze si alleerebbe il Pd. Dando per assodata, stando alle ultime evoluzioni, la fine del campo largo, un'intesa con Azione e Renzi poterebbe un valore aggiunto nei collegi dove il Pd era già forte, al centronord. Invece con il Movimento 5 Stelle ci sarebbe stato un potenziale nel complesso maggiore, perché avrebbero compensato al centrosud». Buttaroni, inoltre, spiega: «Questa legge elettorale può generare maggioranze fragili, il vantaggio tra la coalizione che arriva prima e quella che arriva seconda deve essere di 12-15 punti. Stando così le cose, mi pare il margine sia quello».

 

 

NODO COLLEGI - Antonio Noto, di Noto Sondaggi, dal suo canto fa notare. «Da un punto di vista numerico è vero. Il centrodestra si attesta sul 48% al proporzionale, e questo dà una buona quota di vantaggio anche sul computo dei collegi uninominali. Certo, poi c'è il dato politico, che è un'altra cosa, ossia bisogna capire se c'è volontà, da parte dei leader, di andare uniti. Ma se ciò dovesse accadere, avrebbero la maggioranza assoluta». Analoga chiave di lettura la fornisce Renato Mannheimer: «I partiti del centrodestra dovrebbero mettersi d'accordo sui collegi uninominali, e non è cosa da poco. Ma se andassero uniti vincerebbero». Poi aggiunge: «Vorrei, tuttavia, far osservare un dato che è stato osservato in occasione delle ultime europee: il 30% ha deciso per chi votare l'ultima settimana. Dipende molto dalla campagna elettorale. Questo non significa che il vantaggio non ci sia, ma che un certo margine di cautela nelle valutazioni va sempre osservato». Non dovrebbero esserci sorprese neanche per Federico Benini, di Winpoll. «A livello nazionale il centrodestra dovrebbe essere attorno al 50% sulla quota proporzionale. Questo significa vincere in quasi tutti i collegi del Nord e Centro Nord». Dunque un quadro molto chiaro, ancor più considerando che la coalizione di centrosinistra è tutta da costruire. 

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