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L'ultimo giorno alla Camera: sorrisi, spaesamento e goduria (per chi attende il voto)

Brunella Bolloli
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Ci sono i sorrisi amari e le battute scontate tipo «ci  toccherà fare campagna elettorale in spiaggia» nell’ultimo giorno di “lavoro” alla Camera dei deputati. Il Movimento Cinquestelle alle 10 si riunisce, si vocifera di una comunicazione importante del capogruppo Davide Crippa (forse un passaggio a Insieme per il Futuro), ma non succede niente: l’unica novità è che Maria Soave Alemanno ha deciso di salutare per aderire a Italia Viva: la capogruppo renziana, Maria Elena Boschi, l’accoglie con entusiasmo mentre in Transatlantico passa il mitologico Mimmo Scilipoti, sempre presente nelle grandi occasioni. Nelle chat arriva notizia che Luigi Di Maio, ormai dimissionario ministro degli Esteri nonostante abbia fatto di tutto per tenere Mario Draghi a Palazzo Chigi, rilascerà dichiarazioni alla stampa fuori da via della Missione 8. Anzi no: la conferenza sarà in piazza del Parlamento per contenere l’assembramento di telecamere e taccuini. Dei suoi “uomini” uno dei più loquaci è Sergio Battelli con una improbabile giacca bordeaux che spicca sui divanetti: è il presidente della commissione Politiche Europee, ma soprattutto è uno che, tra le altre cose, fa il cantante e il musicista, insomma si gode la vita, infatti sdrammatizza: «Oh, io apro un chiringuito a Barcellona, chi viene?». I colleghi non sono del medesimo umore. Gigino è scurissimo in volto e dice che con lui il Movimento Cinquestelle creava governi, non li sfasciava. Alcuni dei suoi, a telecamere spente, si lasciano scappare: «Quelle m…e di D’Incà e Patuanelli non hanno avuto neanche la dignità di dimettersi stamattina, sono ancora lì al loro posto».  Intanto nel Partito democratico regna il terrore,  presto il segretario Enrico Letta ha convocato l’assemblea dei gruppi parlamentari: il campo largo è morto e la colpa è anche di quelli che in Senato non hanno votato la fiducia, noi siamo stati dalla parte giusta, dice. Scatta l’applauso. I dem ostentano compattezza, ma l’intervista rilasciata da Marianna Madia l’altro giorno su Repubblica, in cui l’ex ministra ammetteva che i grillini sono incompatibili con il Pd, ha creato non poche tensioni,  se la sono magnata, sibila uno del giro, segno che anche l’unità democratica è di facciata. Fuori dal Palazzo Piero De Luca, deputato Pd e figlio del governatore campano, spiega che «bisogna rilanciare l’agenda sociale;  la democrazia italiana così è un pollaio, occorre vincere le elezioni per finire il lavoro iniziato. Letta non è in discussione. Calenda e Renzi? Ben vengano i riformisti>.

Nel centrodestra il clima è diverso. Matteo Salvini vede i parlamentari, poi i ministri, poi gli europarlamentari, è tutto un vertice. C’è voglia di vincere. La linea è chiara: non siamo noi ad avere provocato la caduta del governo Draghi, ma sono stati 5Stelle e Pd con il loro atteggiamento. Nel cortile di Montecitorio, di fronte alla panchina rossa della lotta contro la violenza sulle donne, va in onda il siparietto tra il capogruppo del Carroccio Riccardo Molinari e il grillino Riccardo Ricciardi. «Siete voi i responsabili» attacca il primo. «Noi? Colpa vostra» ghigna il secondo con una sigarettina in bocca. Possibile che il capo M5S, Giuseppe Conte non abbia sbagliato qualcosa? «Conte è e resta il nostro leader, di più non poteva fare».  Adesso quale sarà la strategia? Chi vivrà vedrà. Di sicuro c’è che il campo largo regge ancora nel Lazio, parola di Roberta Lombardi. Rocco Casalino si vede già in Parlamento da protagonista.

 

 

Forza Italia si lecca le ferite, anche se il capogruppo Paolo Barelli sostiene che è tutto ok. Dopo la Gelmini, data in partenza per Azione di Carlo Calenda, se n’è andato anche Renato Brunetta (possibile approdo dall’amico sindaco di Venezia Brugnaro). E Mara Carfagna dopo mezza giornata di silenzio si è aggiunta alla lista degli addii: corteggiatissima da Di Maio e Beppe Sala, per ora non dice dove andrà, ma lo strappo è consumato.  

Nella galleria dei Presidenti confabulano due deputate di Coraggio Italia, Maria Teresa Baldini e Tiziana Piccolo, quest’ultima arrivata nel gruppo dieci giorni fa dopo avere lasciato la Lega: sono dispiaciute per il trattamento inflitto a Draghi. «Non lo meritava». Due deputate leghiste, con il trolley pronte a partire, spiegano che è stato Draghi a fare cadere il governo quando ha deciso «mal consigliato dal Pd» di mettere in votazione per prima la risoluzione Casini al Senato. «Se avesse cominciato con la nostra risoluzione, quella del centrodestra, tutto questo non sarebbe mai accaduto».

 

 

A larghe falcate, con telefonino all’orecchio, passa il deputato Alessandro Zan, quello del famoso ddl su cui i partiti della fu maggioranza si sono spaccati. Il presidente della Camera Roberto Fico ha appena fatto in tempo a riprendersi dal Covid che ha già altro a cui pensare: deve salire al Colle.  Alle 17.42 il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, decreta lo scioglimento delle Camere. Il discorso del presidente viene seguito in diretta dagli schermi di Montecitorio dai pochi deputati rimasti, quasi tutti del centrosinistra, spaesati e afflitti per la lotta imminente che si preannuncia per comporre le liste. Ma c’è un pensiero a ringalluzzirli: «Mario Draghi sarà il nostro candidato premier. È talmente incazzato contro Conte, Salvini e Berlusconi che potrebbe accettare». A chi obietta che se la dovrà vedere con Giorgia Meloni, favoritissima in tutti i sondaggi, un parlamentare Pd di lungo corso fa spallucce: «Appunto».  Il solito vizio di sottovalutare le donne

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