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Mario Draghi nel mirino dei giudici: soldi, cosa proprio non torna

Sandro Iacometti
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Che ne sarà del Pnrr senza Draghi? È questo il grande dilemma che aleggia sulla campagna elettorale e che si prepara a diventare, chiunque andrà a Palazzo Chigi, il tormentone autunnale degli orfani dell'ex premier, convinti che senza la sapienza e la capacità di Super Mario il monumentale Piano a cui è appeso il futuro dell'Italia andrà inevitabilmente a rotoli. Un destino ineluttabile? Staremo a vedere. Prima di interrogarci su cosa accadrà, però, bisognerebbe capire bene cosa è accaduto. Già perché a guardare con un po' più di attenzione ci si accorge facilmente che le cose non sono affatto andate così bene come qualcuno vuol farci credere. Per carità, le crocette sulle caselle degli obiettivi sono tutte al loro posto. Il governo ha fatto i compiti. E l'erogazione della seconda tranche di risorse da parte della Ue ne è la dimostrazione più concreta.

 

 

 

PROBLEMI IRRISOLTI
Se tutto è finora filato così liscio, però, resta da capire per quale motivo la Corte dei Conti, incaricata dalle stesse norme del Pnrr di monitorarne l'attuazione, per il secondo trimestre consecutivo invece di applaudire continui a sfornare un lungo elenco di problemi irrisolti. Lo aveva fatto lo scorso marzo e lo ha rifatto ieri, nella relazione relativa al primo semestre del 2022, con Draghi saldamente al comando. La sostanza dell'analisi della magistratura contabile (effettuata su 31 dei 41 interventi del primo semestre) è che il raggiungimento degli obiettivi concreti, a differenza di quelli formali che sono stati pienamente centrati, è così incerto che non permette neanche di anticipare un giudizio complessivo, che la Corte preferisce rinviare alla fine dell'anno. Una sospensione del verdetto che non è affatto dovuta alle incognite sul prossimo esecutivo (anche perché tutte le strutture operative del Pnrr nelle amministrazioni centrali resteranno al loro posto qualunque sia l'esito del voto), ma all'osservazione del passato, che lascia più di un dubbio sulla cosiddetta messa a terra del Piano.

 

 

Il problema principale, inutile dirlo, riguarda ancora, esattamente come nel primo trimestre, la capacità delle amministrazioni locali nello spendere i quattrini. «Malgrado il dato formale positivo», si legge nella relazione, «sotto il profilo sostanziale nei settori esaminati sono emerse criticità», anche alla luce del quadro economico-finanziario peggiorato rispetto alle previsioni iniziali, che «ha generato incertezza e portato ad un rialzo dei costi di realizzazione di alcuni progetti». In tale prospettiva, la Corte ha sottolineato «il permanere di difficoltà notevoli nella capacità di spesa delle singole amministrazioni». Se è vero, infatti, che il governo ha predisposto strutture di supporto, a partire da Capacity Italy, il portale gestito da Cdp, Invitalia e Mediocredito centrale proprio per aiutare i comuni a gestire le risorse e assegnare gli appalti, secondo la magistratura contabile servirebbero anche task force a livello territoriale che non sono state create, così come non sono ancora stati reclutati gli esperti in grado di portare a realizzazione gli interventi.

 

 

MANCANO I TECNICI
«La maggiore disponibilità di risorse», scrive infatti la Corte, «non appare di per sé sufficiente ad assicurare che vengano prontamente raggiunte le finalità ultime dell'intervento». Si tratta di figure che dovrebbero svolgere «attività di assistenza tecnica, intese per tali le azioni di supporto finalizzate a garantire lo svolgimento delle attività richieste nel processo di attuazione complessiva del Pnrr e necessarie a garantire gli adempimenti regolamentari prescritti». Insomma, se a Roma il Piano va come una scheggia, in periferia è completamente impantanato. Il che, prima o poi, impedirà anche ai funzionari di Palazzo Chigi di barrare le caselle e di chiedere i soldi all'Europa. Quando questo accadrà, piuttosto che continuare a piangere il tesoro perduto e prendercela con chi è arrivato dopo, sarebbe meglio per tutti riconoscere che qualcosa fin da subito non ha funzionato e che neanche Draghi, coi suoi super poteri, è riuscita ad avere la meglio sull'inadeguatezza della nostra pubblica amministrazione.

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