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Carlo Cottarelli, piange perché non ha i maxi-manifesti

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Tommaso Lorenzini
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Da più parti è stato scritto che la scelta del Pd e +Europa di candidare Carlo Cottarelli (capolista al Senato a Milano), in veste di personalità dichiaratamente riformista, è tesa a ribilanciare più al centro l'immagine del partito di Enrico Letta, per erodere voti anche fra gli indecisi. Stando al segretario dem, Cottarelli è infatti la «perfetta sintesi del lavoro e dell'accordo tra i due partiti». Vero. Tanto che su La7, lunedì sera, l'economista non si è discostato dalla vulgata classista e più sinistrorsa per attaccare il centrodestra. Secondo l'ex membro di spicco del Fondo Monetario Internazionale, di buono i suoi avversari hanno il fatto di essere «molto bravi nella propaganda» e nelle fake news, e di potersele permettere perché posseggono «le risorse» per farla: «Milano è già piena delle gigantografie di Berlusconi, Salvini e Meloni».

 

 

 

Strana invidia pecuniaria manifestata da uno stimato professore (e promotore del progetto di azionariato popolare Interspac, basato sul contributo di 67 vip - mille euro a testa - ma mai decollato) che percepisce una pensione di tutto rispetto dal Fmi fin da quando aveva 59 anni.

 

 

 

 

A quell'età, infatti, nel 2014, intervistato da Il Tempo, Cottarelli non si nascose: «Lei riceve una pensione dal Fmi e ad essa somma gli 11.900 euro netti al mese?», chiese il giornalista, riferendosi all'incarico come Commissario della spesa per il governo Renzi. Risposta: «Sì, ma guardi, io pago le tasse in Italia. Se fossi andato in pensione e fossi rimasto negli Usa, la mia pensione sarebbe stata tassata con l'aliquota del 10%». Eppure, via, qualche spicciolo per un bel manifesto elettorale gli sarà rimasto... 

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