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Pd, Enrico Letta disperato: che volto sfrutta sui poster elettorali

Enrico Paoli
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Ammettiamolo, con la cartellonistica elettorale (poster se vi è più congeniale) il Pd deve aver litigato di brutto. Al punto da far venir voglia di voltare lo sguardo da un'altra parte ogni qualvolta capita d'incrociare una pubblicità dei dem.

Ma siccome il mestiere impone il contrario, eccoci di fronte all'ennesima scivolata targata Nazareno. A Milano, nei paraggi del circolo di Corso Garibaldi, è possibile ammirare l'orgoglioso endorsement del Partito democratico a favore del premier uscente, Mario Draghi. Eppure, secondo la logica della comunicazione, quella politica in particolare, ad essere protagonista della campagna elettorale, dovrebbe il segretario dei dem, Enrico Letta. Invece niente. L'agenda Draghi, per idem, resta una sorta di dogma, pur avendole stabilito l'assenza fisica da qualunque tavolo. E lo stesso inquilino di Palazzo Chigi ha ribadito il concetto nei giorni scorsi: «L'agenda Draghi non esiste, esistono delle idee, degli appunti, delle indicazioni». Ma sui manifesti mica puoi scrivere queste cose, dai. E poi Draghi e più rassicurante di Letta.

 

IL MANIFESTO
Siamo a Milano, dicevamo, in Corso Garibaldi. Milanesi e semplici turisti, a passeggio dalle parti di Brera, hanno avuto modo di passare davanti al circolo del Partito democratico «Milano Centro- Aldo Aniasi» e di ammirare un volantino in cui c'è scritto a caratteri cubitali: «L'Italia è stata tradita. Il Partito democratico la difende. E tu, sei con noi?».

Al centro del manifesto, a intermezzare queste frasi, viene piazzata il volto in primo piano di Draghi che saluta sorridente. Un modo per dire: noi siamo sempre stati dalla sua parte, a differenza di altri. Solo che il capo del governo uscente, in carica solo per gli affari correnti, di questo ciò non sa nulla. Che non è proprio una cosa bella, insomma. Per dirla con Matteo Renzi, leader di Italia Viva e socio di Azione, il movimento di Carlo Calenda, «è imbarazzante come Letta le abbia sbagliate tutte. Ha fatto un percorso netto, non ne ha azzeccata una neanche per sbaglio, un orologio rotto segna l'ora esatta almeno due volte al giorno, Enrico neanche quello. Sono molto dispiaciuto per il Pd, soprattutto per il Pd milanese che è più alto del Pd nazionale. Però non capisco la ratio», sostiene il senatore fiorentino, «se ti allei con Fratoianni, con chi ha fatto cadere Draghi, io non sono d'accordo o fai l'agenda Draghi o fai l'agenda Fratoianni. La prima è la credibilità del Paese, la seconda è la quintessenza della demagogia».

Ecco, una cosa è sostenere l'idea di riportare Draghi a Palazzo Chigi, altro usarne l'immagine per attirare gli elettori. Come sottolineato dai eminenti quotidiani americani, insistere nel proporre l'agenda Draghi senza l'adesione al progetto del titolare del brand è fuorviante, oltre che elettoralmente sbagliato. Eppure il Pd insiste.

 

PROPAGANDA
E così, a meno di un mese dalle elezioni, dopo la rottura con Calenda proprio sull'agenda Draghi (e la virata a sinistra) e con tutti i giochi già fatti per quanto riguarda le candidature, il Partito democratico di Milano continua a restare aggrappato alle sembianze di Super Mario. Eppure, dovrebbe essere ormai proprio Enrico Letta ad assumere il ruolo di front runner del movimento. Dovrebbe, appunto. Perché la recente iniziativa propagandistica sui social, con il «duello» tra lui e Giorgia Meloni a colpi di concetti politici identitari su sfondo rosso e nero, non ha avuto esattamente un gran successo. In ogni caso l'obiettivo del Pd, almeno nel quartiere ancora tappezzato col manifesto pro Draghi, è semplice: perdere le elezioni a livello nazionale, ma «stravincerle» nelle Ztl delle metropoli. Ormai l'unico vero zoccolo duro elettorale rimasto fedele all'universo dei progressisti. Modesto dettaglio a beneficio del dem: Draghi non possiede nemmeno un oggetto che possa definirsi come un'agenda di lavoro. I suoi impegni e appuntamenti vengono gestiti da un'assistente, come avviene per tutte le personalità politiche di alto livello.

 

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