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Mario Draghi umilia Enrico Letta a pochi giorni dal voto: il report, nero su bianco

Antonio Rapisarda
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Da una parte gli elettori del centrodestra, che a Palazzo Chigi vogliono chiaramente un premier di centrodestra. Dall'altra gli elettori di centrosinistra - direte - si aspetteranno altrettanto: un esponente del centrosinistra. E dato che il campo largo è diventato un campetto dell'oratorio, costui non potrebbe che essere Enrico "occhi di tigre" Letta. Giusto?

 

Sbagliato. Non solo la stragrande maggioranza degli italiani ma persino i simpatizzanti del Pd, di +Europa, dei rossoverdi di Fratoianni e degli ex grillini del partitino di Di Maio non intendono sentir parlare di un governo guidato dal leader del Nazareno.

A stabilirlo il sondaggio di Swg presentato lunedì da Enrico Mentana a "La corsa al voto". La domanda rivolta al popolo progressista dagli analisti è chiara: «Se il centrosinistra dovesse vincere le elezioni chi preferireste venisse nominato premier tra...». La risposta, mimata in silenzio dal direttore del TgLa7 ma esplicativa, è grottesca: per il 54% degli elettori progressisti dovrebbe essere Mario Draghi. Enrico Letta è solo secondo. Il distacco è abissale: quest' ultimo è gradito solo al 18% del suo elettorato. La sentenza è chiara. «Il vantaggio del centrodestra è avere al suo interno il candidato in campo», ha spiegato Mentana a proposito della Meloni prima con il 55% (seguita da Draghi al 13%, da Salvini al 10%, e da Berlusconi al 7%). Nell'altra metà del campo, invece, se «il candidato visibile è chi sta a Palazzo Chigi», per giunta con nessuna tessera in tasca, gli altri devono fargli «da portatori d'acqua».

SECONDA SCELTA
Capito bene? Per gli stessi elettori di sinistra Enrico è una seconda scelta. Un portaborracce per il vero «front runner»: il premier dimissionario venuto dalla Bce; che in realtà non ha la minima intenzione di entrare nella contesa. Anzi, dal Meeting di Rimini ha platealmente sconfessato la tesi da Armageddon contro Giorgia Meloni millantata in mondovisione dal leader piddì: per Draghi «il prossimo governo, qualunque sia il suo colore politico, riuscirà a superare quelle difficoltà che oggi appaiono insormontabili».

Ma la bomba di Swg non è la sola: come ha spiegato qualche giorno fa Termometro politico in un'altra indagine, Enrico Letta è pure il peggior presidente del Consiglio degli ultimi vent' anni. "Stimato" o rimpianto soltanto dallo 0,5% degli italiani per i suoi 300 giorni a Palazzo Chigi. Il combinato disposto fra i due sondaggi, dunque, sembra esprimere un verdetto impietoso: «Unfit to lead», parafrasando la celebre copertina dell'Economist. Inidoneo a incarnare la premiership in pectore per il centrosinistra perché già testato come un fallimento politico - fra l'aumento dell'Iva, l'esplosione degli sbarchi con l'operazione Mare nostrum e l'impennata della nostra dipendenza energetica dalla Russia di Putin - come premier nel 2013. Ecco svelato il motivo per cui il segretario del Pd non ha inserito il proprio nome nel simbolo per le Politiche: non per un formale rispetto della democrazia parlamentare ma forse proprio perché è il primo ad essere conscio di non rappresentare un valore aggiunto per il centrosinistra.

 

Coalizione che oltretutto non c'è per i disastri in serie causati dall'ex premier: dall'esplosione del campo largo con i 5 Stelle (dopo tre annidi lavoro della "ditta"), al fallimento della sgangherata intesa con Calenda; dall'appropriazione dell'agenda Draghi (anche qui sconfessato bruscamente da SuperMario) all'autogol della campagna apocalittica «Scegli» che lo ha incoronato come "meme" più canzonato sul web.

RIMONTA...
Non solo. La maledizione di «Enrico stai sereno» aleggia ancora sulla sua testa. Se nel 2013 fu opera perfida di Matteo Renzi (con il benestare di tutto il Pd, per dovere di cronaca) a scaldare i muscoli è il governatore dell'Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. Pronto, dal 25 settembre, a strappargli il Pd dalle mani. A volerlo non solo i riformisti e gli ex renziani del Pd ma, nuovamente, gli stessi elettori: dato che il governatore, nemmeno in campo per le Politiche, da Swg è sondato al 9% come potenziale premier. Ancora a bordo campo, insomma, ma già alle calcagna del leader. Ecco perché fa quasi tenerezza registrare le parole di Letta sugli indecisi: «Siamo molto determinati a convincere quel 40% di elettori che non hanno idea di chi votare», spiegava ieri. «Perché, se riuscissimo a spostare un 10% di quelli, allora potremmo vincere le elezioni». Qualcuno avverta Enrico: magari il problema principale fosse conquistare gli scettici. Prima ancora occorrerebbe trovare il leader vero del centrosinistra.

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